Una lunga lettera ha rotto il silenzio di Antonella Silvestri, la madre di Arcangelo Correra, il 18enne napoletano stroncato da un colpo d’arma da fuoco alla testa lo scorso 9 novembre. Le parole della 39enne non sono solamente il grido di dolore di una «mamma a cui è stato strappato il cuore» ma si rivolgono anche «al suo lurido assassino» come scrive la donna, invitandolo a «raccontare la realtà dei fatti» ribadendo quanto chi ha sparato fosse «consapevole di ciò che stesse facendo». «Finché avrò forza lotterò per avere giustizia - scrive Antonella - anche se ogni cosa non sarà nulla rispetto alla condanna a morte che ci è stata data».
La lettera
«Sono le 4 e, come ogni notte, alla stessa ora, il dolore è sempre più forte. Appena si avvicinano le 5 del mattino, il mio cuore si frantuma, proprio come quel maledetto giorno». Comincia così la lettera dove la madre di Arcangelo confessa di «sentirsi presente solo fisicamente su questa terra disumana» dove la forza per andare avanti porta il nome della «sorella di Archy», come lo chiamavano in famiglia. Le parole colme di dolore diventano lucide quando Antonella descrive il rapporto tra il figlio e Renato Caiafa, il 19enne che ha raccontato come il colpo fosse partito per errore da una pistola trovata per caso e utilizzata da lui per “scherzare” tra amici. Una versione dei fatti ritenuta inverosimile dal gip per cui Caiafa è in carcere con l’accusa di porto e ricettazione di arma oltre ad essere indagato per omicidio a piede libero. Nella lettera rivolgendosi al figlio, scrive: «Hai capito chi è stato a toglierti la vita, mentre tu gli stavi insegnando ad amarla? Pensavi fosse un ragazzo sfortunato, sofferente e lo aiutavi con tutto te stesso. Non hai mai discriminato nessuno, vedevi il buono in tutti. La prova lampante è che ti sei fidato persino del tuo assassino!».
L’assassino
La madre di Arcangelo non nasconde la convinzione che sia stata «l’nvidia» la miccia dell’omicidio e insiste sull’ipocrisia dell’assassino: «Ha pensato bene di dire di aver trovato casualmente la pistola, credendo fosse finta. Se anche volessi fantasticare e l’avesse fatto per gioco, la soddisfazione nel puntartela in faccia e premere il grilletto quella era vera». La lettera infatti continua con un riferimento alla morte del padre di Renato, Ciro Caiafa ucciso in un agguato e del fratello Luigi Caiafa morto a 17anni ucciso da un proiettile esploso da un poliziotto intento a fermare il minore che stava commettendo una rapina. «Hai avuto il coraggio di definire “giocattolo” la stessa arma che, proprio davanti ai tuoi occhi, ha visto uccidere tuo padre e a causa della quale è morto tuo fratello. Non ti è mai venuto il disgusto solo immaginando di toccarne una? Hai solo una chance, te lo dico da madre. Racconta tutta la realtà dei fatti e resta a logorarti in una cella vita natural durante, tu che ne hai ancora una. Il fine pena mai, proprio come è stato dato a noi, è quello ti auguro».
L’omertà
Infine il grido di Antonella è «basta omertà!». «Arcangelo, Santo e ogni vittima innocente della violenza devono insegnare che l’unico gioco consentito è quello che abbiamo fatto tutti almeno una volta da ragazzi: obbligo o verità - si legge - scegliendo l’opzione del coraggio, la protezione da parte delle istituzioni, la sicurezza per le strade.
La paura e le armi rappresentano la morte, la dignità e la giustizia la vita». L’ appello è «affinché nessuna madre viva nel terrore che qualsiasi vicino di casa possa essere un pericolo per i propri figli! Creiamo strutture di accoglienza e svago, rendiamo sicuri i nostri quartieri, insegniamo a riconoscere i falsi idoli, educhiamo alla legalità e solo così, forse, Arcangelo non morirà alle 5 di ogni mattino».