Cdm lampo (senza Salvini), niente stretta sulle toghe e saltano le norme cyber

1 settimana fa 3

Appena un quarto d’ora per un decreto (quasi) vuoto. L’atteso Consiglio dei ministri di ieri, quello caricato di significato dalle fibrillazioni che in settimana hanno sconquassato il centrodestra, si è risolto così: con un dl Giustizia “neutralizzato” e con l’assenza di uno dei due litiganti. Al di là delle voci non confermate che già giovedì parlavano di una sua possibile defezione, il vicepremier leghista Matteo Salvini è infine risultato assente giustificato «per motivi familiari» al vertice convocato a palazzo Chigi subito dopo pranzo. Poco male.

Salvini: «La legge di bilancio non piace a Landini ma piacerà a 15 milioni di italiani»

Il Consiglio presieduto da Giorgia Meloni si è risolto infatti in una manciata di minuti e, soprattutto, senza che fossero approvate sia la norma che avrebbe esteso le sanzioni disciplinari ai magistrati sia quella relativa all’aumento delle competenze della Procura nazionale antimafia sui reati che riguardano la cybersecurity. Due accantonamenti, uno tecnico e l’altro politico, che se da un lato provano a testimoniare poco convintamente una sorta di riappacificazione tra Lega e Forza Italia, dall’altro segnano l’ennesimo stop and go sulle diverse sfumature di riforma della giustizia in cui è incappato il governo negli ultimi mesi.

IL PROVVEDIMENTO
Nel dettaglio, il provvedimento che avrebbe imposto ai magistrati ad astenersi dal celebrare cause relative a materie su cui avevano preso posizione pubblicamente è stato stralciato a causa di alcune perplessità legate al rapporto già non ottimo tra esecutivo e toghe. La pena infatti, sarebbe stata una sanzione disciplinare comminata su iniziativa del ministro della Giustizia. Non proprio un percorso linearissimo considerata la libertà di parola dei magistrati (e infatti le associazioni di categoria sono insorte nei giorni scorsi parlando di “norma bavaglio”), in ogni caso terminato con una sorta di abiura di tutte le parti in causa. Tant’è che la vicenda alla fine lascia quasi il dubbio su chi avesse deciso per un intervento di questo tipo, già inserito nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di lunedì scorso e rinviato. In base a quanto trapela a rivendicare la frenata sono tanto il Guardasigilli Carlo Nordio quanto il sottosegretario di palazzo Chigi Alfredo Mantovano.

La sensazione è che - al di là del pressing del Quirinale per risolvere un pasticcio legato all’eliminazione dell’abuso d’ufficio che avrebbe portato alla necessità di redigere una norma in tal senso - abbia in qualche modo avuto un peso l’invito a non inasprire i toni che Sergio Mattarella avrebbe recapitato a Meloni durante il loro pranzo al Quirinale di mercoledì. La norma comunque sarà riscritta e riportata in cdm nelle prossime settimane, stavolta senza elementi che possano suscitare le proteste dei magistrati o le perplessità del Colle.

LA CYBERSICUREZZA
La seconda norma soppressa (per ora), è quella che assegnava all’Antimafia la competenza sui reati che riguardano la cybersicurezza. Sul provvedimento pesava un secco niet di Forza Italia che, quindi, ora può rivendicare una vittoria.

Nel testo, al di là di alcuni interventi organizzativi e di ordinamento, entra però una norma che potenzia l’efficacia dell’utilizzo dei braccialetti elettronici come strumento di controllo delle misure cautelari. «Da un lato - ha spiegato Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità. - sono state esplicitate le procedure di accertamento che la polizia giudiziaria deve compiere per verificare il corretto funzionamento dello strumento per ogni singolo caso, imprimendo peraltro un’accelerazione con la fissazione a 48 ore del termine entro cui questi accertamenti devono essere compiuti. Dall’altro, sono state inasprite le conseguenze in caso di comportamenti che artatamente determinino un malfunzionamento del braccialetto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leggi tutto