Come fanno gli animali in letargo a non bere per mesi? Ce lo spiega un piccolo scoiattolo di terra

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Quando l'inverno si avvicina e il freddo inizia a farsi sentire, molti animali si preparano per andare in letargo, un fenomeno che permette loro di sopravvivere a condizioni difficili riducendo al minimo il consumo di energia. E tra i "dormiglioni" più estremi c'è sicuramente lo scoiattolo di terra dalle tredici strisce (Ictidomys tridecemlineatus), un piccolo roditore che popola praterie e campi aperti del Nord America. Questo mammifero straordinario trascorre fino a otto mesi sottoterra, senza mangiare né bere, affrontando lunghissimi periodi di inattività consumando solo le proprie riserve di grasso. Ma come fa a ignorare un bisogno fisiologico così forte come la sete?

Neuroni "spenti" per sopravvivere senza bere

Un recente studio condotto da Madeleine Junkins e colleghi, pubblicato sulla rivista Science, ha svelato un meccanismo sorprendente che permette agli scoiattoli in letargo di non bere per mesi, anche se avrebbero bisogno di acqua. Durante l'ibernazione, questi animali sopprimono l'attività di alcuni specifici neuroni situati negli organi circumventricolari, una serie di strutture cerebrali altamente vascolarizzate che fungono da punto di connessione tra il cervello, il sangue e il liquido cerebrospinale.

Questi neuroni sono normalmente responsabili di percepire e inviare i segnali fisiologici di sete, come la disidratazione o lo squilibrio elettrolitico dell'organismo. In condizioni normali, tali segnali attivano poi un potente impulso a bere, ma durante l'ibernazione gli scoiattoli di terra riducono drasticamente l'attività di queste cellule nervose, "ignorando" completamente la necessità di idratarsi e cercare acqua, anche se sono disidratati.

Il ciclo del letargo dello scoiattolo di terra

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Il letargo dello scoiattolo di terra non è comunque un periodo continuo di sonno profondo. Questi roditori alternano infatti fasi di torpore, caratterizzate da una temperatura corporea vicina a quella ambientale e da un metabolismo estremamente ridotto, a brevi momenti di risveglio (o interbout arousal), in cui la temperatura del corpo si rialza e l'animale compie piccoli movimenti all'interno della sua tana scavata a circa mezzo metro dalla superficie del terreno.

Ma nonostante durante queste brevi fasi di risveglio il corpo invii segnali di disidratazione attraverso reni e sistema nervoso, agli scoiattoli "non importa", poiché rimangono comunque meno sensibili agli altri segnali ormonali della sete, un adattamento essenziale per non compromettere la "modalità risparmio energetico" che è l'ibernazione oppure rischaire la vita abbandonando la propria tana per andare in cerca di acqua.

Un adattamento evolutivo essenziale

Lo studio suggerisce quindi che il calo dell'attività dei neuroni della sete negli organi circumventricolari rappresenti un'adattamento cruciale, in termini evoluzionistici, per la sopravvivenza degli animali che vanno in letargo o in ibernazione. Questa strategia consente infatti di conservare al massimo le riserve energetiche e ridurre il rischio di predazione, evitando di lasciare la sicurezza della tana durante i rigidi mesi invernali. Questo roditore è del resto noto per la sua capacità di adattarsi a condizioni estreme.

Misura circa 15-30 cm di lunghezza, con un manto marrone ricoperto da tredici strisce alternate bianche e scure lungo il dorso, che gli conferiscono un eccellente mimetismo nei prati aperti. Prima di entrare in letargo, accumula grandi riserve di grasso, che saranno poi la sua unica fonte di energia durante i lunghi mesi di ibernazione. Ma è la sua fisiologia unica, studiata in dettaglio proprio dallo studio di Junkins e colleghi, a rivelare quanto sia sofisticata l'evoluzione di questi piccoli animali per affrontare l'inverno.

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