Una storia bella e incredibile che racconta di un'Italia povera ma piena di cuore quella de 'Il treno dei bambini', nuovo film di Cristina Comencini tratto dal bestseller di Viola Ardone che passa alla Festa di Roma e dal 4 dicembre su Netflix.
Il libro e il film raccontano una storia vera di una generosità possibile forse solo nell'Italia del dopoguerra, un'operazione del Partito comunista italiano e dell'Unione donne italiane che, nel Secondo dopoguerra, dal 1946 al 1952, portò in treno circa 70mila bambini - soprattutto del Sud, ma non solo - nelle regioni rosse del Nord per affidi temporanei, così da tenerli lontani dalla miseria.
Protagonista Amerigo (Christian Cervone), un vivace bambino di otto anni che non si è mai allontanato da Napoli dove vive in una casa fatiscente insieme alla madre Antonietta (una Serena Rossi simil-Loren). Ora il ragazzino si ritrova da un giorno all'altro insieme ad altri spaventati coetanei, vestito di tutto punto con tanto di cappotto nuovo, su un treno diretto a nord.
Che questi bambini abbiano paura del loro destino e pensino di essere destinati a chissà quali tragedie è normale, ma di fatto troveranno nelle case a cui sono affidati, a parte la nebbia, quel benessere che non avevano mai visto prima.
Questo vale anche per Amerigo che viene accolto da Derna (Barbara Ronchi), una donna sola apparentemente fredda, ma invece con grande cuore.
"Dopo la guerra, nel 46, l'Italia era davvero unita, erano non a caso gli anni in cui si stava scrivendo la Costituzione. Napoli era allora la città più bombardata di tutte e i bambini erano davvero affamati, ma non c'era la separazione attuale tra nord e sud. Basti pensare che questi ragazzini furono accolti a Modena con l'inno nazionale che ormai siamo abituati a sentire solo con il calcio" .
Rivela Serena Rossi: "C'è un pezzo della mia famiglia in questa storia: mia nonna Concetta che ha 84 anni era una di quei 70.000 bambini che nel '46 hanno preso quel treno. Lei andò per tre mesi a Modena accolta da questa famiglia che le ha dato quello che lei considera il periodo più bello della sua infanzia. Siamo riusciti poi - continua- a metterla in contatto con il bimbo della famiglia di Modena che l'ha accolta e con cui aveva fatto amicizia. Non solo, Concetta sarà in sala stasera per vedere il film".
La regista ci tiene poi a precisare: "Sì è vero, racconto una Napoli molto inclemente, Curzio Malaparte aveva ragione. Napoli è la mia città, ma dopo la guerra era una tragedia, una cosa che paghiamo ancora oggi. Il film non è edulcorato, rappresenta solo la realtà con protagonisti questi bambini miserrimi, ma bellissimi". Il problema della maternità dice poi: "È quello che da sempre mi interessa di più, Antonietta e Derna sono entrambe madri, la prima è molto povera, non sa leggere e ha un amante, l'altra è più evoluta, ma è in lutto perché gli hanno ammazzato il compagno. Non volevo comunque fare un santino della maternità - continua la Comencini - alla fine tutti possono imparare a fare le madri, una cosa che dimostrano bene le attuali famiglie allargate".
Il problema dei bambini poveri di oggi che approdano sulle nostre coste? "Sono morti tanti bambini in mare negli ultimi vent'anni e la cosa non è stata risolta da nessun governo. Quello che succede oggi in Albania è solo la goccia finale. E poi due considerazioni - conclude la Comencini -: credo che questa storia sia rimasta sconosciuta anche perché i suoi protagonisti sono donne e bambini e che questa vicenda comunque racconti bene quello che siamo stati e forse potremmo tornare ad essere". Nel cast del film prodotto da Palomar anche: Stefano Accorsi, Francesco Di Leva, Monica Nappo, Giorgia Arena, Antonia Truppo.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA