I quattro agli arresti domiciliari non rispondono alle domande del gip ma fanno dichiarazioni spontanee
31 ottobre 2024 | 13.39
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I quattro arrestati, ai domiciliari, accusati di far parte della presunta associazione a delinquere accusata di dossieraggi illeciti, non rispondono alle domande del gip di Milano Fabrizio Filice, ma fanno dichiarazioni spontanee, promettono di chiarire la propria posizione davanti al pm della Dda Francesco De Tommasi - presente agli interrogatori -, ma offrono anche le prime crepe in quello che agli atti viene descritto come un gruppo spregiudicato che con le sue attività costituisce "un serio pericolo per la sicurezza e la personalità dello Stato".
Al settimo piano del Palazzo di giustizia stamane le telecamere sono schierate su entrambe i lati del piccolo corridoio dove c'è la porta del giudice. Il rituale si ripete rapido e identico per gli indagati ai domiciliari. Il primo a non rispondere è l'esperto informatico Samuele Nunzio Calamucci. "Chiarirò non appena avrò un quadro completo degli atti dell'inchiesta. Da quello che ho letto ci sono delle esagerazioni perché si rappresentano fatti che sono impossibili dal punto di vista empirico", rispetto alla possibilità diretta di 'bucare' il sistema informatico Sdi, è il senso delle sue brevi dichiarazioni.
Si tratta, in parte, della stessa difesa dell'ex superpoliziotto Carmine Gallo (gli avvocati Antonia Rita Augimeri e Paolo Simonetti difendono entrambi), uno degli uomini ritenuti al centro del presunto sistema illecito la cui finalità era creare report, anche falsi, a pagamento. "Ho sempre rispettato la legge e lo farò anche ora. Sono stato un servitore dello Stato, ho sempre rispettato l'autorità giudiziaria e lo farò anche in questa occasione. Proverò a difendermi dopo aver letto la mole imponente di atti" le frasi dette al giudice. Gallo non fugge gli sguardi dei giornalisti che conosce da anni, avendo lavorando a lungo alla squadra Mobile ed essendo tra i massimi esperti di criminalità organizzata, e pronuncia solo poche parole a fatica"...è la vita...".
Nessuna ammissione davanti al gip di Milano per l'imprenditore reggiano Giulio Cornelli, così come tace Giuliano Schiano, il finanziere della Dia di Lecce colpito, insieme al poliziotto Marco Malerba, da misura interdittiva della sospensione dal servizio per 6 mesi, perché avrebbero eseguito, secondo la tesi accusatoria della procura di Milano, un "rilevante numero" di accessi abusivi a richiesta degli arrestati. Malerba, in servizio a Rho, è l'unico che ammette le accuse. "Sì ho fatto gli accessi, ci scambiavamo favori. Era il mio ex capo e non sono riuscito a dire di no". Un reato che avrebbe commesso visto il suo legame con l'ex capo Gallo.
Ad aprire una crepa sulla presunta associazione che aveva come base la società Equalize (socio di maggioranza è Enrico Pazzali, indagato) è l'investigatore privato Massimiliano Camponovo. "Sono preoccupato, temo per la mia incolumità e quella della mia famiglia. Avevo percepito che dietro a questo sistema c'era qualcosa di oscuro quindi a un certo punto sono stato al mio posto. Mi passavano i dati e facevo i report" è il senso delle dichiarazioni spontanee rese dall'uomo ai domiciliari al gip Filice. Per i quattro arrestati, e per qualche altro indagato, la procura ha chiesto al Riesame un inasprimento della misura, ma l'udienza non è ancora stata fissata.
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