La Cina è troppo vicina, niente proteste pro-Tibet

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Da mesi vediamo manifestazioni per la Palestina in cui si urla contro la cosiddetta occupazione israeliana (in realtà la Striscia di Gaza da decenni è governata dai palestinesi e così una parte della Cisgiordania). Non se n’è vista una contro la vera occupazione (dal 1950) del Tibet da parte della Cina comunista la quale nel 1997 ha preso anche il controllo di Hong Kong e annuncia che presto toccherà a Taiwan (l’isola ha una grande importanza strategica per l’egemonia sull’area dell’Indo-Pacifico).

Ma chi manifesta contro la Cina? Nessuno. A quanto pare il regime comunista può occupare impunemente. Si protesta e si urla solo contro Israele, peraltro senza conoscere la storia del conflitto arabo-israeliano, né la situazione di quell’area. E non si protesta per lo Stato veramente occupato: il Tibet. È uscito in italiano un bel libro della giornalista americana Barbara Demick, I mangiatori di Buddha (Iperborea). Corrispondente da Pechino del Los Angeles Times dal 2007, la giornalista notò che, alla vigilia delle Olimpiadi, il governo cinese dava «ampie rassicurazioni sul rispetto dei diritti umani e sull’apertura del paese alla stampa estera», ma in realtà «gran parte del paese» era «off-limits per i giornalisti». In particolare il Tibet: «Non sono i tibetani a tener chiuse le porte, ma il Partito comunista cinese. La Cina, che governa il Tibet dal 1950, scoraggia in ogni modo possibile l’ingresso ai visitatori provenienti dall’estero». (...)

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