Malaria, in Veneto non è caso autoctono: l'ipotesi della zanzara in aereo e l'«infezione da bagaglio»

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Negli ultimi giorni, un presunto caso di malaria autoctona in Veneto ha sollevato preoccupazioni su un ritorno della malattia in Italia. Gli esperti hanno smentito l'ipotesi, classificando il caso come importato. Tuttavia, l'episodio ha riacceso i riflettori sui rischi di trasmissione di una patologia da tempo eradicata.

Malaria, caso autoctono a Verona. Gli esperti: «Non si trasmette da persona a persona»

Malaria, il caso autoctono (smentito)

L'allarmante notizia era arrivata ieri dalla Direzione Prevenzione della Regione Veneto. «È stato diagnosticato dall'Azienda ospedaliera di Verona un caso di malaria autoctona in una persona senza storia di viaggi recenti in Paesi in cui la malattia è endemica». La Regione stava procedendo all'«approfondimento dell'indagine epidemiologica sul caso», .

«La malaria - spiegavano i tecnici regionali - è una malattia infettiva che si trasmette all'uomo attraverso la puntura di zanzare infette da un parassita (Plasmodium). La malattia si manifesta con febbre, brividi intensi, sudorazione, mal di testa, nausea, vomito, dolori muscolari». Gli esperti tengono inoltre a sottolineare che «la malaria non si trasmette da persona a persona tramite contatto diretto, saliva, o rapporti sessuali, ma esclusivamente attraverso il contatto con sangue infetto o la puntura di zanzare infette». La Regione Veneto ricorda inoltre che «in Italia la malaria è stata eradicata ufficialmente negli anni '70 grazie a campagne di bonifica e di controllo delle zanzare, oltre all'uso di farmaci specifici. In Veneto tutti i casi di malaria registrati ogni anno riguardano persone che hanno contratto la malattia in Paesi endemici».

Il dato che l'infetto non avesse viaggi recenti alle spalle in paesi dove è diffusa la malaria, è stato poi in effetti smentito, e il caso è stato quindi ritenuto non autoctono ma importato. Lo ha precisato oggi il Servizio di igiene e sanità pubblica (Sisp) dell'Ulss 9 Scaligera, dopo un'approfondita analisi epidemiologica. «A seguito di verifiche incrociate con gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, è emerso infatti un recente viaggio all'estero in area endemica per malaria, inizialmente non dichiarato, che consente di classificare il caso come importato» ha riferito oggi la Regione Veneto. Per Bassetti: «una bruttissima figura per il Servizio sanitario nazionale e per tutti noi che finiamo per alimentare il complottismo e le fake news che dovremmo combattere».

Perché un caso autoctono desta preoccupazione?

La malaria è una malattia che può avere esito fatale ed è trasmessa all'uomo da zanzare femmine infette del genere Anopheles. La malattia era comune in Italia a fine Ottocento: nel 1882, ad esempio, solo in due province Italiane (Imperia e Macerata) non si registrarono infezioni. In quel periodo, la malattia era diffusa su circa un terzo della superficie del Paese e aveva causato oltre 20000 decessi nel 1887. In seguito la malaria è stata eradicata e i casi sono diventati sporadici e quasi sempre importati, perciò l'eventualità di un infetto autoctono destava tanta preoccupazione.

Oggi «i casi di malaria autoctona nel nostro Paese sono estremamente rari», spiega all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Gianni Rezza, ex Dg Prevenzione del ministero della Salute durante la pandemia, dopo l'allarme in Veneto. Nonostante quindi la patologia continui a destare preoccupazioni per un possibile ritorno epidemico, specialmente a causa dei cambiamenti climatici, gli esperti ritengono che il rischio sia piuttosto remoto. 

Dello stesso parere sembra essere l'entomologo Claudio De Liberato, per il quale «si deve chiarire che ad oggi non ci sono le condizioni per una diffusione della malaria in Italia. La zanzara anofele - il vettore della malaria - da noi non esiste e ha una distribuzione estremamente localizzata ed esigenze particolari. [...] Un caso singolo, di importazione, si potrà verificare in futuro - come è accaduto a Verona - ma non certo focolai o epidemie». Discorso diverso per la zanzara tigre, la Aedes albopictus, che è «estremamente diffusa a livello globale e rappresenta non solo una fonte di fastidio durante gran parte dell'anno, ma anche una seria minaccia per la salute umana, essendo un vettore competente di molti virus come Dengue, Zika e Chikungunya», continua De Liberato. Arrivata in Italia negli anni '90, questa specie è oggi diffusa in tutto il nostro Paese e «le larve riescono a svilupparsi sfruttando piccole raccolte d'acqua presenti in ambiente peridomestico (ad esempio sottovasi, tombini, secchi)».

L'ipotesi della "zanzara in valigia"

Escluso il rischio di casi autoctoni, a spiegare gli sporadici casi di infezione sul territorio italiano c'è l'ipotesi della "zanzara in valigia", cioè «la zanzara che 'scende' da un aereo proveniente da aree in cui l'infezione è endemica o che esce da una valigia», spiega ancora Rezza. 

All'Adnkronos Salute, in effetti, l'epidemiologo Massimo Ciccozzi aveva commentato così la notizia del caso in Veneto (prima della smentita): «Il caso di malaria autoctono registrato a Verona e non legato a viaggi in zone endemiche, se confermato, ci pone davanti a delle ipotesi tra cui anche quella che 1-2 zanzare possano aver viaggiato in aereo fino in Italia da Paesi a rischio».

E conferma anche Massimo Andreoni, professore emerito di Malattie infettive dell'Università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive tropicali (Simit), commentava così all'Adnkronos: «Un fenomeno già visto, che noi infettivologi chiamiamo "malaria da bagaglio", cioè causata da una zanzara arrivata in Italia - in aereo e appunto tramite un bagaglio».

Sintomi

I sintomi compaiono dopo circa 7/15 giorni dalla puntura della zanzara infetta, secondo il sito dell'ISS. I sintomi consistono solitamente in febbre molto alta, mal di testa, vomito, diarrea, sudorazioni e brividi scuotenti.

Nella forma più grave può causare una forte anemia e ostruire i capillari del cervello (malaria cerebrale) o di altri organi vitali (reni, milza, fegato). Se non trattata tempestivamente può evolvere in malattia grave e invalidante, e/o portare alla morte. 

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