Meloni: «Mps ora è risanata, difenderò l?indotto dell?auto»

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Delle scelte di una multinazionale come Stellantis, Giorgia Meloni, avrebbe preferito non parlare. Alla prima intervista dopo le dimissioni dell’ormai ex amministratore delegato Carlos Tavares, la premier però proprio non ha potuto sottrarsi. Un po’ come con il settore bancario italiano in subbuglio per le mosse di Unicredit. Stavolta la premier si è trovata sia a rivendicare i risultati raggiunti dal governo sul Monte dei Paschi di Siena, sottolineando come sia stata «risanata» e «messa sul mercato» per parti, come frutto di politiche «fatte in maniera seria»; sia a spiegare le mosse del secondo gruppo bancario italiano che stanno coinvolgendo Bpm. «L'operazione è un'operazione di mercato» spiega Meloni, anche se il governo con delle «valutazioni assolutamente neutrali» avrebbe «degli strumenti per intervenire qualora dovesse rilevare che l'operazione non rientra nell'ambito dell'interesse nazionale». L’importante, conclude rinnovando la fiducia nel «giudizio di Giancarlo Giorgetti», è che «i grandi risparmi degli italiani» vengano controllati da «centrali che hanno il loro core business in Italia» per assicurarsi che qui vengano reinvestiti.

STELLANTIS

Un approccio «neutrale» che Meloni declina anche parlando dell’automotive. «Faremo del nostro meglio per difendere i livelli occupazionali e l’indotto» scandisce infatti parlando a Quarta Repubblica, su Rete4, e ricordando che è già previsto un tavolo a metà dicembre e che comunque l’intenzione del governo è affrontare la partita «ad un altro livello». Roma, ragiona la premier, «è alla testa di un gruppo di 15 Paesi che vogliono rivedere la fine del motore endotermico». Uno spirito, quello di tutelare i lavoratori, che Meloni pare testimoniare anche evitando di andare allo scontro con il presidente John Elkann, che tutti i partiti invocano per un’audizione in Parlamento e che Matteo Salvini non tutela affatto dicendosi «offeso dalla sua gestione». «Ci parliamo da due anni» dice invece la premier, che però non evita di utilizzare il caso Stellantis per rifilare una nuova stoccata ai sindacati nostrani. «Non entro nel merito delle scelte - è la tesi di Meloni rispetto all’addio di Tavares - ma credo sia figlio di alcune battaglie sindacali molto forti fatte dai sindacati americani e francesi, quello italiano invece è stato un po' afono. Vediamo cosa accadrà».

I SINDACATI

Sui sindacati scesi in piazza contro la Manovra, su Maurizio Landini e sull’asse rinsaldato con una «certa classe dirigente» caratterizzata «dall’irresponsabilità», invece, la leader di FdI sembra avere molto da dire. «I toni si alzano quando gli argomenti sono deboli» sostiene Meloni che legge nella durezza delle contestazioni la difficoltà del leader della Cgil a riempire le piazze e a spendersi per «rivendicazioni di contenuto». Un gancio, questo, utile per tornare a incensare in diretta tv i risultati del suo esecutivo a favore dei salari bassi e - «se l’economia lo permetterà» - per mettere nel mirino la classe media: «sarà la prossima priorità». Rigettate, ovviamente, le contestazioni di chi come Elly Schlein prova ad incalzarla sui tagli alla sanità: «Quando sento dirlo, un po' mi vergogno per lei, come sempre quando i politici devono mentire».

La premier se la prende con «l’intellighenzia di sinistra» che in questi due anni avrebbe voluto «fare uscire di testa la Meloni». «Direi che le cose sono andate diversamente» sottolinea, puntualizzando di essere consapevole da sempre che avrebbe «avuto contro certi ambienti», di non voler «cadere nella trappola» del racconto della politica contro la magistratura e di essere determinata a portare a compimento il modello Albania. «Funzionerà - è la promessa - Io non prendo impegni che non ritengo di poter mantenere. Ci sono delle soluzioni. Ci sto lavorando».

Una battuta, infine, Meloni la destina alle increspature nel rapporto con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini («litighiamo la mattina e beviamo un bicchiere di vino insieme la sera») rassicurando gli elettori ma ammettendo qualche passo falso: «Sappiamo la responsabilità che abbiamo sulle spalle, qualche inciampo ogni tanto c'è - confessa - ed è anche fisiologico».

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