Tra i 112 italiani presenti nella prestigiosa classifica Highly Cited Researchers 2024, tre sono dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Edoardo Pasolli, professore associato di Telecomunicazioni al Dipartimento di Agraria, per il secondo anno è uno di quei tre, uno scienziato che ha prodotto le pubblicazioni più menzionate, dando contributi significativi negli approcci computazionali e metodologie di machine learning per dati di metagenomica, con particolare attenzione ai microbiomi umani e alimentari.
Professor Pasolli, la sua carriera parte da Trento, passa per gli Stati Uniti e approda infine a Napoli.
«Sì, sono originario di Trento e lì ho svolto il mio intero percorso formativo, laureandomi in Ingegneria e completando un dottorato nel Dipartimento di Ingegneria e Informatica. Successivamente, ho avuto l'opportunità di svolgere un post-doc negli Stati Uniti, un'esperienza cruciale che mi ha portato a collaborare anche con la NASA. Al mio ritorno, con la borsa Marie Curie, sono tornato per un periodo a Trento, ma dal 2018 ho intrapreso una nuova avventura accademica alla Federico II, prima come ricercatore e ora come professore associato».
Il suo passaggio negli Stati Uniti ha segnato una tappa importante. Cosa ha portato da quell'esperienza?
«Ho avuto l'opportunità di lavorare su progetti di machine learning applicati al monitoraggio ambientale tramite immagini satellitari. Alla NASA, ad esempio, il focus non era tanto l'esplorazione spaziale, quanto lo sviluppo di metodologie per analizzare dati utili a comprendere meglio il nostro pianeta: mi sono occupato di sviluppare metodologie per analizzare dati utili allo studio del cambiamento climatico. È stata un'esperienza formativa non solo per le competenze tecniche acquisite, ma anche per la visione interdisciplinare che ho potuto sviluppare».
Tuttavia, il suo campo di applicazione è poi mutato, spostandosi verso il microbioma. Il cambio di direzione com'è avvenuto?
«Il cambio è avvenuto in modo graduale, ma non privo di rischi. Mi affascinava l'emergente campo di studio del microbioma, un'area che negli ultimi 15 anni ha vissuto un'espansione significativa. Le grandi quantità di dati generate in questo ambito richiedono competenze computazionali per essere analizzate, e il mio background in ingegneria e machine learning si è rivelato prezioso. Così ho iniziato a tradurre le mie competenze verso applicazioni nel microbioma umano, alimentare e ambientale, collaborando con biologi, microbiologi e altri esperti del settore».
Arriviamo alla scelta di Napoli. Da Trento al Sud Italia: una scelta non scontata. Cosa l'ha spinta a trasferirsi qui?
«È vero, per chi proviene da una realtà come Trento, Napoli può sembrare una scelta atipica. Tuttavia, la Federico II è un'università prestigiosa, con un Dipartimento di Agraria riconosciuto a livello nazionale e internazionale. In quel momento, il Dipartimento aveva l'esigenza di integrare competenze computazionali nei loro studi sul microbioma, un ambito di ricerca innovativo e in rapida crescita, e ho visto in questa opportunità una combinazione perfetta tra sfida e crescita professionale. Qui ho trovato un ambiente accademico stimolante e collaborativo, il Dipartimento di Agraria è un esempio di eccellenza, e lavorarci mi ha permesso di mantenere contatti con realtà internazionali, un aspetto fondamentale per la mia attività di ricerca».
Alla luce della sua esperienza, cosa direbbe a un non napoletano che considera Napoli come una possibile destinazione per la ricerca?
«È una città con un potenziale straordinario, spesso sottovalutato. E la Federico II offre opportunità professionali di alto livello e un ambiente di ricerca vivace e innovativo. Certo, Napoli richiede un'apertura mentale e una capacità di adattamento, ma chi sa cogliere il meglio di questa città scoprirà un luogo ricco di stimoli e possibilità. Alla fine è una decisione che rifarei senza esitazione».