Massimo Sanvito 03 novembre 2024
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Un ospedale pubblico di provincia vola più alto di tutti in Lombardia (ed è quarto a livello nazionale), in cima alla classifica stilata da Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) che ha messo sotto la lente d’ingrandimento 1.363 strutture da nord a sud per il lavoro svolto nel 2023. Lassù c’è il Maggiore di Lodi, autentica eccellenza in tutti i settori clinici considerati (cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, nefrologia, gravidanza e parto, osteomuscolare), dal volume degli interventi alla capacità di curare i pazienti in tempi brevi soprattutto per quanto riguarda le patologie per le quali l’attimo fa la differenza (l’infarto su tutte).
L’ospedale di Lodi è tra i pochi in tutta Italia a non aver ricevuto nemmeno un solo brutto voto in pagella – in nessun campo si leggono infatti valutazioni medie, basse o molto basse –, con picchi di performance “molto alte” in pneumologia, nefrologia, neurologia e stroke unit e “alte” in cardiologia, ostetricia e ginecologia, ortopedia, chirurgia generale e oncologica. In particolare, a essere premiata è stata la grande attività di lotta contro le neoplasie alla mammella.
La “Breast Unit” del Maggiore, da struttura inizialmente solo diagnostica ha allargato il suo raggio d’azione anche alla parte chirurgica specifica per l’asportazione dei tumori al seno. «La Breast Unit vanta un’organizzazione di processo che prende in carico la donna dal momento in cui viene scoperto il tumore e la accompagna, attraverso una strutturazione multi-professionale e assistenziale, lungo il periodo di cura», spiega a Libero Salvatore Gioia, direttore generale dell’Asst di Lodi dal 2020 al 2023 (oggi direttore generale dell’Ats Insubria, ndr).
Sempre sotto la sua direzione, nel 2022, a Lodi era partito il progetto “follow me” sulla presa in carico totale del paziente oncologico post dimissioni. Ovvero, per i cinque anni successivi all’operazione, visite ed esami garantiti direttamente dall’ospedale proprio in quell’ottica di sanità territoriale che avvicina sensibilmente le strutture ai cittadini.
Non bisogna poi dimenticarsi ciò che Lodi e provincia hanno passato dal febbraio del 2020 in poi, quando la bomba del covid deflagrò a Codogno per poi seminare contagi ovunque. Già nel settembre di quell’anno, l’Asst 2020 di Lodi era riuscita a riaprire tutte le reti interrotte a causa dell’emergenza, in particolare per ciò che concerneva infarti e ictus.
Non solo. I fondi ricevuti e destinati alle terapie intensive e all’area emergenze-urgenze hanno permesso di raggiungere tutti gli obiettivi. La rianimazione di Codogno è stata rifatta, mentre quella di Lodi è stata raddoppiata. «Senza una gestione efficiente impostata dalla direzione strategica, i risultati clinici non arrivano. Un medico può essere bravissimo ma se la struttura è disorganizzata si può fare poco. Il primato di Lodi è frutto di un grande lavoro di squadra: in tre anni e mezzo l’azienda è cresciuta tutta insieme. L’insieme di competenze manageriali e cliniche ha contribuito in maniera decisiva a questo successo.
Un’ottima risposta corale di un sistema regionale che funziona: senza questo, infatti, la singola azienda non va da nessuna parte», sottolinea Gioia. Dal covid a oggi è stato un crescendo. Nel 2020 il Drive Through allestito dall’Esercito a Lodi perla somministrazione dei tamponi, l’anno successivo l’apertura di due centri vaccinali (quello al Palazzetto dello Sport di Codogno e quello alla Fiera di Lodi) e nel 2022 l’attivazione di una casa di comunità e di un ospedale di comunità a Sant’Angelo Lodigiano grazie ai fondi del Pnrr. Tante sfide, tutte vinte, che hanno proiettato Lodi ai vertici della sanità tricolore.