"Un dito medio alzato contro il calcio femminile". In modo diretto e inequivocabile, 106 calciatrici professioniste di 24 Paesi così definiscono l'accordo di partnership stretto sei mesi fa tra la Fifa e l'Aramco, il colosso energetico di proprietà dell'Arabia Saudita, in una lettera aperta in cui chiedono al presidente, Gianni Infantino, di annullarlo.
Un gigante del petrolio che minaccia l'ambiente globale, sostengono le firmatarie, e in mano ad un Paese che non rispetta i diritti delle donne e criminalizza la comunità Lgbtq+ non può essere partner della Fifa e sponsorizzare eventi come i Mondiali 2026 e i Mondiali femminili del 2027.
L'affondo arriva all'indomani dell'esibizione delle star del tennis maschile svoltasi a Riad e dotata di un montepremi monstre, altro esempio dell'azione del cosiddetto 'sportwashing' delle "autorità saudite che - scrivono nella lettera le 106 atlete - spendono miliardi in patrocini sportivi per tentare di sviare l'attenzione dalla brutale reputazione del regime in materia di diritti umani ma il trattamento delle donne parla da solo"
La poderosa leva finanziaria che il regno saudita sta mettendo in campo coinvolge non solo tennis e calcio, ma anche golf, pugilato e mondo dei motori, con eventi sempre più spettacolari, ricchi e attrattivi. E per il Mondiale di calcio maschile 2034, l'Arabia è l'unica candidata. Tra la firmatarie ci sono la capitana della nazionale azzurra, Elena Linari, della Roma, altre italiane come Katja Schroffenegger (Como), Francesca Durante e Rachele Baldi (Inter), Norma Cinotti (Samp) e Tecla Pettenuzzo (Napoli), oltre a straniere che giocano in Italia come la danese Junge Pedersen (Inter) - una delle promotrici -, l'austriaca Georgieva (Fiorentina) la croata Bacic, la danese Lundorf Skovsen (Napoli) e la tedesca Krumbiegel (Juventus).
Anche loro chiedono come ci si possa aspettare che le giocatrici Lgbtq+, "molte delle quali sono stelle del nostro sport", promuovano l'Arabia e l'Aramco, che con la sua attività favorisce il cambiamento climatico e le inondazioni, il caldo estremo e gli incendi che stanno "bruciando il futuro del calcio" e "mentre tutti ne paghiamo le conseguenze, Riad fa profitti, con la Fifa come sua cheerleader". Una delle promotrici della lettera è la danese dell'Inter Sofie Junge Pedersen, secondo la quale il senso della lettera, sostenuta da Athletes of world, associazione di sportive per la difesa del pianeta, è non contribuire allo sportwashing arabo, il tentativo tramite lo sport "di distrarre dal trattamento dannoso riservato alle donne e al pianeta".
Nella lunga lettera, si sottolinea tra l'altro che accordi come quello con Aramco sono stati presi "da uomini abbastanza privilegiati da non essere minacciati dal trattamento riservato dalle autorità saudite alle donne, a coloro che sono Lgbtq+, migranti, minoranze o minacciati dal cambiamento climatico". In chiusura si definisce "la sponsorizzazione molto peggio di un autogol per il calcio, tanto vale che la Fifa versi petrolio sul campo e gli dia fuoco. Meritiamo molto di meglio dal nostro organo di governo rispetto alla sua alleanza con questo sponsor da incubo".
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