Mafie
La commissione parlamentare Antimafia con voto unanime ha deliberato di far ripartire i lavori del comitato d’indagine sull’omicidio del sindaco Pd di Pollica, Angelo Vassallo, avvenuto il 5 settembre 2010. È una buona notizia. I lavori erano fermi dal settembre 2022, quando dopo la caduta del governo di Mario Draghi, il presidente del comitato Luca Migliorino (M5s) fece approvare all’unanimità una relazione di una trentina di pagine. Era tracciata sul solco degli sviluppi dell’inchiesta della Procura di Salerno, evidenziati in un decreto di perquisizione del luglio 2022: nove indagati, tra cui tre carabinieri, alcuni imprenditori turistici, un pentito di camorra, il figlio. Con l’ipotesi che il delitto fu pianificato ed eseguito per zittire Vassallo che stava per denunciare un traffico di droga appena scoperto. Sono trascorsi più di due anni e i pm salernitani non hanno ancora deciso se esercitare l’azione penale o chiedere l’archiviazione.
Stavolta il comitato rinasce su impulso di Fdi e del centrodestra. Su richiesta del senatore meloniano Antonio Iannone e del deputato Pino Bicchielli (Noi Moderati) avrà un nome diverso: sarà il comitato d’indagine “sul Sistema Cilento e sull’omicidio Vassallo”. In sostanza Iannone – coordinatore di Fdi in Campania, molto vicino al viceministro degli Esteri e generale dei carabinieri Edmondo Cirielli – e Bicchielli motivano la necessità di far ripartire i lavori con il recente arresto del sindaco di Capaccio Paestum e presidente Pd della Provincia di Salerno Franco Alfieri e di alcuni suoi collaboratori. E’ accusato di corruzione e turbativa d’asta per una serie di appalti pubblici che – per l’accusa – sarebbero stati pilotati tra Capaccio Paestum e il Salernitano. Il “sistema Cilento” è in gergo giornalistico la definizione del sistema di potere messo in piedi da Alfieri e dai fedelissimi del governatore dem Vincenzo De Luca (che lo rese celebre per l’immortale battuta sulle fritture di pesce), per raccogliere consenso nelle aree cilentane. Territori dove Alfieri negli ultimi venti anni è stato sindaco di tre comuni diversi.
Ma perché Iannone e Bicchielli hanno puntato l’attenzione dell’Antimafia sul “Sistema Cilento”? Odora di clan? I due parlamentari ricordano un articolo di Cronache di Salerno con un fumoso riferimento a una cena elettorale di un candidato di Alfieri in “in un ristorante di Agropoli di proprietà di una famiglia storica della camorra salernitana, descritta in antiche e nuove relazioni dell’Antimafia come una di quelle capaci di condizionare significativamente il voto, specie nelle aree rurali dell’agro Sele-pestano”. Aggiungiamo che Alfieri fu indagato e perquisito nella primavera 2019 con accuse di concussione, turbativa e l’aggravante mafiosa per collegamenti con il clan Marandino e appalti della Dervit, la stessa azienda della Pubblica illuminazione che cinque anni dopo è al centro del suo arresto. Fu però archiviato.
A concordare sulla richiesta di associare il “Sistema Cilento” all’omicidio Vassallo è la Fondazione Angelo Vassallo, presieduta da Dario Vassallo, il fratello del “sindaco pescatore”, che da più di 14 anni si batte per scovare gli assassini. Nel 2022 si è candidato con il M5s nel collegio uninominale della Camera nel Cilento: è stato, però, sconfitto dal leghista Attilio Pierro. Con Alfieri appena tradotto nel carcere di Fuorni, Dario Vassallo aveva dichiarato: “Se ci dovesse essere un processo su Franco Alfieri, la Fondazione sarà parte civile […], ci costituiremo parte civile per difendere il Cilento e i cilentani, quelli che non si sono piegati”. Passaggio che Iannone e Bicchielli hanno citato nel loro documento. Che a sua volta viene ampiamente ripreso dalla Fondazione Vassallo in un comunicato di sostegno alla nascita del nuovo comitato d’indagine.
A questo punto si impongono alcune considerazioni. Sin dagli albori della nuova legislatura il M5s, attraverso la deputata Stefania Ascari, aveva chiesto di riavviare il comitato Vassallo in Antimafia. Richiesta rimasta inascoltata fino all’arresto di Alfieri. Oggi la deputata dice: “Non è serio da parte della maggioranza oscurare il prezioso lavoro che abbiamo fatto e speculare su una iniziativa sulla quale abbiamo subito silenzio e indifferenza da parte del centrodestra per oltre un anno”. Ora, le manette ad Alfieri diventano l’occasione per il centrodestra per accendere un fascio di luce sul ‘Sistema Cilento’, con un accostamento con l’omicidio Vassallo di facile suggestione, che però non è condiviso da alcuni addetti ai lavori. C’è chi ipotizza che, con questa nuova denominazione, il comitato possa essere usato per attaccare politicamente il Pd di De Luca e non per cercare la verità sull’omicidio del sindaco di Pollica. Di sicuro c’è solo che se il comitato Vassallo fosse ripartito subito, non avrebbe potuto che riguardare le vicende dei tre carabinieri indagati, tra cui un alto ufficiale. La questione relativa a eventuali responsabilità di esponenti dell’Arma non è secondaria quando si parla dell’attuale maggioranza di governo.
Finora l’indagine principale della commissione guidata da Chiara Colosimo è stata quella che ha riguardato la strage di via d’Amelio. Un lavoro fonte di roventi polemiche, ancora in corso: l’opposizione (guidata dal senatore M5s Roberto Scarpinato) ha contestato alla presidente di Palazzo San Macuto di non aver voluto indagare su tutte le stragi – da Capaci, a quelle del 1993 a Roma, Firenze e Milano – concentrandosi solo su quella in cui venne ucciso il giudice Paolo Borsellino. In questo modo la commissione ha potuto battere la pista che individua nel dossier Mafia e appalti il movente segreto di via d’Amelio. E’ la tesi sostenuta dall’autore di quel rapporto, l’ex generale del Ros Mario Mori, ma anche da moltissimi esponenti del centrodestra. Oggi a essere convinto che ci sia Mafia e appalti dietro all’eliminazione di Borsellino è Fabio Trizzino, marito di Lucia e avvocato dei figli del giudice ucciso. E qui bisognerebbe aprire un altro capitolo, quello del dolore dei parenti delle vittime. I parenti di Borsellino e i parenti di Vassallo. Che comprensibilmente intendono percorrere tutte le strade possibili per disvelare la verità nella sua interezza (come a Palermo), o quanto meno individuare gli assassini (come a Salerno). E per questo cercano sponde dove le trovano.
Antonio Ingroia parla nella duplice veste di profondo conoscitore della stagione delle stragi e di avvocato della famiglia Vassallo. Il suo è un commento sostanzialmente ottimista: “Ora l’inchiesta parlamentare – afferma l’ex pm della Trattativa Stato-mafia – potrà contribuire a fare luce sia sul contesto politico di isolamento nel quale Angelo Vassallo è stato messo da certa politica campana, essendo stato un sindaco dalla schiena diritta che si batteva contro il malaffare, le corruzioni e le collusioni con i clan camorristici locali, sia perché potrà collaborare, nell’ambito delle rispettive competenze, alle delicate indagini che la procura distrettuale antimafia di Salerno sta svolgendo sull’ intreccio fra poteri criminali e deviazioni degli apparati statali. Purché ci si muova in coordinamento e non in contrapposizione con le indagini della Procura, che ha lavorato imbeccando un percorso molto chiaro e netto, che non va perso di vista”.
Articolo Precedente
Termini scaduti, scarcerato anche Corona. Il “re delle scommesse” dei clan di Palermo passa dal carcere duro per i mafiosi alla libertà