Ambiente & Veleni
di Luisiana Gaita | 15 Novembre 2024
Sono almeno 1.773 i lobbisti dell’oil&gas che hanno ottenuto l’accesso al vertice COP29 di Baku, mentre il governo azero ha usato l’evento per cercare di organizzare nuovi accordi sui combustibili fossili. Come per la Cop28 dello scorso anno a Dubai, alla Cop29 è stato concesso l’accesso a un numero significativamente maggiore di lobbisti delle fonti fossili rispetto a quasi tutte le delegazioni nazionali. Sono superati solo dalle delegazioni inviate dall’Azerbaigian, paese ospitante (2229), dal Brasile, paese ospitante della Cop30 (1914) e dalla Turchia (1862). Lo rivela una nuova analisi della coalizione Kick Big Polluters Out (KBPO). E ReCommon, come membro della coalizione, ha avuto accesso a documenti confidenziali e denuncia la presenza di 22 lobbisti del comparto fossile nella delegazione italiana. Fanno capo soprattutto a Eni, Italgas, Edison e Confindustria. Senza contare che per l’Italia c’è anche Claudio Descalzi, ceo di Eni, quest’anno accreditato come ospite della presidenza azera, anche se non risulta tra i delegati.
I lobbisti presenti alla Cop sul clima – I lobbisti dei combustibili fossili hanno ricevuto più pass per la Cop29 di tutti i delegati delle dieci nazioni più vulnerabili al clima messe insieme (1033). Molti hanno avuto accesso alla Cop come parte di un’associazione di categoria. Otto dei 10 gruppi commerciali con il maggior numero di lobbisti provengono dal Nord del mondo. “Al primo posto l’International Emissions Trading Association, che ha portato 43 persone, tra cui i rappresentanti dei grandi inquinatori TotalEnergies e Glencore” racconta la coalizione. Il Giappone ha portato il gigante del carbone Sumitomo come parte della sua delegazione, Canada i produttori di petrolio Suncor e Tourmaline, il Regno Unito ha portato 20 lobbisti.
Le lobby italiane a Baku – Risulta aggregato alla delegazione italiana anche il direttore generale dell’azienda dell’oil&gas azero Socar, Azer Mammadov, a dimostrazione del forte legame con il Paese della regione del Caspio, da cui l’Italia importa la percentuale più alta di petrolio e gas combinati. “Eni è presente anche con il vice presidente senior Marco Piredda e con il direttore Public Affairs Lapo Pistelli, nella veste di Chairman del Mediteranean Energy and Climate Organisation (Omec), un’associazione di categoria partecipata anche da Snam e da altre corporation fossili, che si presenta come ‘la voce dell’industria energetica nell’area del Mediterraneo’” racconta ReCommon. Italgas, controllata da Cdp Reti e partecipata da Snam, è la società che a Baku può contare sulla delegazione più folta: otto persone, incluso il ceo Paolo Gallo e il ceo di Italgas Reti, Pier Lorenzo Dell’Orco. “Non a caso – spiega ReCommon – a margine dei primi giorni di negoziato, Italgas ha siglato un accordo commerciale con l’azera Socar”. Per Confindustria è in delegazione il presidente Daniele Bianchi, mentre sono quattro i rappresentanti di Edison “una delle società che acquista il gas proveniente dai giacimenti di Shah Deniz II, poi veicolato in Italia attraverso il gasdotto Tap”. Completano il totale dei 22 lobbisti esponenti di MediterraneanEnergy and Climate Organisation (OMEC), Seingim e Tokyo Group.
Meno partecipanti, ma le lobby non mollano – I risultati del KBPO giungono alla fine di un anno in cui le più grandi società di combustibili fossili del mondo hanno approvato progetti e finanziamenti per 250 miliardi di dollari. Il numero di rappresentanti dei combustibili fossili ai negoziati sul clima delle Nazioni Unite è sempre stato elevato. Grazie alle continue pressioni della società civile, alla Cop28 per la prima volta i partecipanti sono stati obbligati a rivelare chi rappresentano. L’anno scorso, infatti, l’analisi della KBPO ha mostrato che un massimo storico di oltre 2.450 lobbisti dei combustibili fossili aveva avuto accesso ai colloqui sul clima di Dubai, rispetto ai 636 dell’anno precedente in Egitto. Nonostante il numero complessivo di partecipanti di quest’anno (52.305) sia significativamente inferiore ai 97.372 dell’anno scorso, l’industria dei combustibili fossili però è presente più che mai.