Il carcinoma a cellule squamose causa circa il 5% dei decessi di chi viene colpito da questo tumore: ecco di cosa si tratta e la nuova speranza da un vaccino in fase di sperimentazione al Pascale di Napoli
Il suo nome indica la "provenienza" della malattia che colpisce soprattutto chi si espone al sole per troppo tempo senza proteggere adeguatamente la pelle: stiamo parlando del "tumore del marinaio" per il quale, oggi, c'è una speranza nuova e importante da un potenziale vaccino a Rna messaggero in fase di test all'Istituto Nazionale Tumori dell''Irccs Pascale di Napoli in grado di curare il carcinoma della pelle a cellule squamose, è questo il suo nome originale.
Tumore del marinaio: come ha origine
Quando si è in presenza di questo tumore della pelle compaiono lesioni nodulari o con una massa proliferante a rapida crescita che ha la sua origine nelle cellule squamose dell’epidermide, il rivestimento più esterno del nostro organismo. Nell'antichità fu chiamato "del marinaio" per la categoria di lavoratori che colpisce maggiormente, ossia marinai, muratori e braccianti indicando quei lavori che si fanno per lo più all'aria aperta e alla luce del sole. "Il carcinoma a cellule squamose è una delle principali categorie di tumori cutanei ed è principalmente scatenato da una prolungata esposizione ai raggi ultravioletti (UV) del sole o a fonti di radiazioni UV, come le lampade per l’abbronzatura", spiega l'Ide (Istituto Dermatologico Europeo).
Come si manifesta, sintomi e cure
Come detto, uno degli aspetti più evidenti è dato dalle lesioni cutanee, spesso con superfici non uniformi ma questo tumore si può presentare anche sottoforma di un nodulo duro sotto la pelle così come per ulcere e ferite che non guariscono. Le lesioni cutanee associate al carcinoma a cellule squamose possono essere accompagnate da secrezioni o sanguinamenti e può cambiare il colore della pelle circostante l'area interessata. Alcuni pazienti lamentano anche prurito o dolore nell'area della lesione. Meno comune ma a volte presente anche la pigmentazione della pelle così come il rapido sviluppo della lesione.
Ad oggi, le cure disponibili variano da caso a caso: il tumore si può trattare con l'asportazione chirurgica, radioterapia, crioterapia, terapia fotodinamica e quelle mirate con farmaci. Si cura anche con immunoterapia e chemioterapia.
La speranza da un vaccino
In tutto il mondo questo tumore causa il 5% della mortalità ma, come accennato all'inizio, una speranza viene dal Pascale di Napoli, primo centro in Italia a sperimentare un vaccino anticancro a mRna per la cura del carcinoma della pelle a cellule squamose. "L'identikit dei 600 pazienti selezionati per la sperimentazione corrisponde a: persona anziana, per lo più uomo, con un passato di esposizione al sole molto intenso, con lesioni della cute molto gravi. Se il melanoma colpisce i 'colletti bianchi', il carcinoma a cellule squamose è il tumore della pelle dei braccianti, dei marinai, dei muratori. È il tumore, insomma, di chi si è esposto troppo al sole e soprattutto della mancata prevenzione, un tumore che, se preso in tempo, è facile da curare, se avanzato può essere molto pericoloso perché difficile da trattare", fa sapere l'Istituto partenopeo.
Il trattamento in fase di test
Ad oggi si sta testando, nel reparto di Melanoma e Immunoterapia dell'Istituto sotto la direzione dall'oncologo Paolo Ascierto, uno studio di Fase 2 randomizzato aperto con 3 tipologie di trattamento. Dei 600 pazienti, 250 saranno trattati con due cicli di vaccino e l'immunoterapico Pembrolizumab con un successivo intervento chirurgico. Un altro gruppo di 250 pazienti sarà invece trattato soltanto in sala operatoria mentre un terzo e ultimo gruppo di cento pazienti sarà sottoposto a due cicli di immunoterapia, chirurgia e immunoterapia adiuvante, uguale insomma al primo gruppo, ma senza il vaccino".
Il prof. Ascierto ha spiegato che adesso c'è una nuova speranza terapeutica grazie al vaccino prodotto da Moderna che è basato sulla stessa tecnica che è stata usata per il Covid.
"Un vaccino che utilizza mRna sintetici progettati per istruire il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati neoantigeni, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore".