Cosa farà l’Italia dopo la sentenza della CPI su Israele: applicherà il mandato di arresto per Netanyahu?

5 ore fa 1

Dopo la decisione della Cpi di emanare un mandato d’arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, ci si chiede cosa farà l’Italia, che fa parte dei 124 Paesi che riconoscono formalmente la giurisdizione dell’Aja. Il ministro Crosetto ha detto di considerare la sentenza “sbagliata”, ma di essere disposto ad applicarla in virtù del rispetto del diritto internazionale.

Immagine

Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Dopo la decisione della Corte penale internazionale (Cpi) di emanare un mandato d'arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, sono in molti a chiedersi cosa potrebbe succedere ora al premier e all'ex ministro della Difesa israeliani. La questione tocca direttamente anche l'Italia, che fa parte dei 124 Paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma con cui è stata istituita la Corte e che quindi ne riconoscono formalmente la giurisdizione.

Poiché la Corte non può procedere autonomamente all'arresto né costringere con la forza i singoli governi a farlo, la palla passa a ciascuno dei Paesi firmatari, che in teoria sarebbero tenuti a intervenire e cooperare. Cosa farà quindi l'Italia? Applicherà il mandato di arresto per Netanyahu?

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha detto di ritenere la sentenza della Corte penale internazionale "sbagliata", dal momento che mette "sullo stesso piano il presidente israeliano e il ministro della Difesa con chi ha organizzato e guidato l'attentato" del 7 ottobre, ma di essere pronto ad applicarla. 

Se Benyamin Netanyahu e Yoav Gallant "venissero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo il diritto internazionale", ha assicurato.

Con un comunicato i giudici del tribunale internazionale hanno dichiarato di ritenere che esistano ragionevoli motivi per considerare Netanyahu e Gallant responsabili di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità commessi nel territorio della Striscia ai danni della popolazione palestinese.

Il procuratore capo della Cpi, Karim Khan, che a maggio aveva richiesto il mandato d'arresto, ha esortato tutti gli Stati parte al rispetto del "loro impegno nei confronti dello Statuto di Roma" e a eseguire i mandati di arresto.

La questione però non è così semplice. In passato ci sono stati dei precedenti in cui alcuni Paesi hanno deciso di ignorare le sentenze dell'Aja e non procedere all'arresto nei confronti di persone sottoposte a mandato d'arresto.

È accaduto qualche mese fa, quando Vladimir Putin, su cui pende un mandato d’arresto per crimini di guerra contro l’Ucraina, si è recato in Mongolia, che in teoria rientra tra gli Stati che riconoscono la giurisdizione dell’Aja. In realtà il Paese, che si è dichiarato neutrale rispetto al conflitto e condivide una serie di interessi economici con la Russia, non ha arrestato il leader russo, ma anzi lo accolto di buon grado.

Dopo la sentenza della Cpi quindi, ciascuno Stato si troverà di fronte a un grosso grattacapo, soprattutto sul piano diplomatico.

L'Italia, stando alle parole di Crosetto, sembra essere disposta ad applicare la decisione dell'Aja e a eseguire gli arresti di Netanyahu e Gallant, qualora i due dovessero recarsi in visita nel Paese.

Nel governo però, non tutti sembrano essere d'accordo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato di voler prendere visione di "quali sono i contenuti della decisione e le motivazioni che hanno spinto a questa decisione la Corte" e valutare "cosa fare e come interpretare" la sentenza con gli alleati.

Il leader azzurro ha chiarito di sostenere la Corte, ma ha ricordato che questa "deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico".

Le parole di Tajani hanno scatenato la reazione del Movimento 5 Stelle che le ha definite "scioccanti e vergognose" in quanto "confermano il disprezzo del governo Meloni per il diritto internazionale e la complicità con un criminale di guerra". I parlamentari pentastellati in Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato hanno espresso indignazione per il fatto che "secondo il capo della Farnesina va ‘valutato per decidere cosa fare'" e per  "la velata critica alla Cpi di svolgere un ruolo ‘politico' e non giuridico".

Nella Lega invece, secondo quanto riferiscono alcune fonti del partito, la sentenza della Corte sarebbe stata giudicata come una decisione "assurda e filo-islamica, che allontana da una pace necessaria".

La vicenda insomma si preannuncia spinosa. Resta da capire ora, come sceglieranno di agire i singoli Paesi e quali saranno le conseguenze della decisione dei giudici internazionali sul conflitto a Gaza.

Leggi tutto