"Festival del gol, ma non chiamatelo spettacolo". Inter-Juve, Biasin controcorrente

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Fabrizio Biasin 28 ottobre 2024

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Alla vigilia di Inter-Juve c’era chi aveva chiesto a gran voce «lo spettacolo». Fateci divertire. Fottetevene del risultato. Prendetevi a schiaffoni così realizziamo ed esportiamo lo spot al bel giuoco italiano. Ebbene, gli amanti del calcio oratoriale sono certamente stati accontentati. Inter-Juve 4-4 è stata un’accozzaglia di qualunque cosa: gol (8), tiri (18 per i nerazzurri, 10 per i bianconeri), voragini difensive, falli sciagurati, raddoppi mancati, distanze perse, tantissima foga e cuori che hanno rischiato di saltare prima da una parte e poi dall’altra. Per qualcuno i 90 minuti del Meazza sono stati «l’apoteosi dello spettacolo», ma anche «la partita più bella dell’anno» o anche «un insieme di emozioni incredibili». Ed è così, c’è stato tutto questo e forse anche di più ma, per cortesia, non chiamatelo calcio.

Gli allenatori di queste due squadre tornano a casa con un punto a testa ma anche con tantissimi punti interrogativi e relativi problemi da risolvere. Da una parte c’è Motta, fortunato a restare “in vita” sul 4-2 (eccellente Di Gregorio) e molto bravo a modificare assetto e giocatori nel momento chiave del secondo tempo. La Juve senza Bremer miglior difensore della nostra Serie A - perde molta della sua forza ma, certo, può godere di un punto conquistato col cuore e con i denti. Dall’altra c’è Inzaghi. Ecco, lui di sicuro non può sorridere neanche un po’.

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Nel 23/24 l’Inter non solo non prendeva gol, ma neppure tiri in porta, al punto che Sommer spesso e volentieri poteva scegliere di andare a casa senza fare la doccia. Ora gli avversari - tutti, persino il piccolo Young Boys- fanno un po’ come vogliono e questo dipende dai difensori, ovvio, ma soprattutto da una fase difensiva che manca di raddoppi, concentrazione, strategia, tutto.

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