Gli animali non smettono davvero mai di stupirci. È stato infatti osservato e descritto per la prima volta un comportamento mai visto prima nei lupi etiopi (Canis simensis), una delle specie di canidi più rare al mondo. Questi predatori endemici delle montagne dell'Etiopia, vanno infatti matti per il nettare dei fiori e potrebbero guadagnarsi ora un nuovo primato: quello di essere i primi grandi carnivori impollinatori. Una scoperta decisamente inaspettata, descritta in uno studio pubblicato sulla rivista Ecology da un team di ricercatori del Ethiopian Wolf Conservation Programme (EWCP), e che ci racconta un aspetto completamente inedito dell'etologia di questo affascinante predatore e sul fragile ecosistema in cui vive.
Nettare dolce per il primo grande carnivoro impollinatore?
Il comportamento osservato dai ricercatori è emblematico: i lupi etiopi si nutrono del nettare dei fiori della pianta Kniphofia foliosa, diffusa sugli altopiani dell'Africa orientale. Durante le osservazioni sul campo, gli scienziati avevano infatti notato che alcuni lupi avevano l'abitudine di far visita ai fiori passando da una pianta all'altra, anche fino a 30 volte di fila. Una volta trovato un fiore, i canidi "immergevano" i loro lunghi musi nell'infiorescenza, leccando il dolce nettare. Questo comportamento non era mai osservato prima e a quanto pare non coinvolge solo pochi individui, ma diversi gruppi, suggerendo che il nettare rappresenti una risorsa energetica importante per questi animali.
Ma c'è di più. Mentre si nutrono, i lupi raccolgono involontariamente anche il polline sporcandosi naso, muso e labbra. Spostandosi poi da un fiore all'altro, potrebbero quindi trasferire il polline proprio come fa un'ape o una farfalla, svolgendo di fatto un ruolo attivo anche nell'impollinazione e nella riproduzione di K. foliosa. Si tratta di una prima volta assoluta non solo per un canide, ma tra tutti i grandi carnivori. Sebbene si conoscano infatti diverse specie di mammiferi impollinatori, come pipistrelli, marsupiali, roditori e piccoli carnivori come manguste e civette delle palme, nessun altro grande predatore è oggi coinvolto – perlomeno da quanto ne sappiamo – in questo tipo di interazione ecologica tra piante e animali.
Lupi, fiori e umani in un ecosistema complesso e fragile
Sandra Lai, ricercatrice dell'Università di Oxford e autrice principale dello studio, sottolinea infatti le possibili ricadute di questa scoperta per una specie minacciata che vive in un ecosistema unico, ma molto delicato. «Questi risultati dimostrano quanto ci sia ancora da scoprire su uno dei carnivori più minacciati al mondo. Questa interazione sottolinea la complessità delle relazioni tra le specie che popolano l'eccezionale ecosistema delle alture etiopi, un'area incredibilmente ricca di biodiversità, ma costantemente minacciata dalla perdita e frammentazione dell'habitat».
Questa scoperta, del resto, non è solamente frutto del caso. Claudio Sillero, fondatore e direttore di EWCP, ricorda il momento in cui ha visto con i propri occhi e per la prima volta i bambini del posto che bevevano il nettare: «Ho scoperto il nettare di questa pianta vedendo i figli dei pastori locali leccare i fiori. Incuriosito, l'ho assaggiato anch'io e ho trovato il sapore piacevolmente dolce. Quando poi ho visto i lupi fare lo stesso, ho capito che stavano approfittando anche loro di questa insolita fonte di energia. Ora sappiamo che questo comportamento è comune tra i lupi etiopi e ne abbiamo studiato il significato ecologico».
Una specie rara con un futuro ancora incerto
Con meno di 500 individui in totale suddivisi in 99 branchi, il lupo etiope, conosciuto anche come lupo del Simien, è uno dei canidi più rari e minacciati al mondo e probabilmente il carnivoro africano a maggior rischio estinzione. La sua sopravvivenza dipende infatti dalla tutela degli altopiani e delle montagne etiopi, l'unico posto in Africa dove vivono questi affascinanti predatori. Purtroppo, si tratta però di un'habitat unico, ma fragile, sempre più messo a rischio dall'espansione umana e dei pascoli, dalle malattie e dall'ibridazione con i cani e dai conflitti diretti con gli allevatori.
Proprio per questo, l'Ethiopian Wolf Conservation Programme, attivo dal 1995, lavora per tutelare non solo i lupi, ma anche il loro prezioso habitat. Esperti e conservazionisti, operano naturalmente fianco a fianco con gli allevatori locali, promuovendo campagne di sensibilizzazione volte a ridurre i conflitti e soprattutto a raggiungere una gestione più attenta dei cani, per ridurre i rischi legati sia all'ibridazione che alle malattie che trasmettono ai lupi. Il progetto, portato avanti con il Wildlife Conservation Research Unit dell'Università di Oxford, l'Ethiopian Wildlife Conservation Authority e Dinkenesh Ethiopia, rappresenta il più longevo programma di conservazione mai svolto in Etiopia.
Adattamento e fragilità
La scoperta di un carnivoro che si nutre di nettare e che contribuisce attivamente all'impollinazione dei fiori, ci ricorda quanto sia straordinariamente complessa, e ancora in parte sconosciuta, la natura. I lupi etiopi dimostrano di essere non solo predatori sociali eccezionali, ma anche opportunisti in grado di sfruttare persino risorse inaspettate. Del resto, non è la prima volta che questa specie sorprende gli scienziati. Qualche anno fa, gli studiosi hanno scoperto che questi predatori possono persino collaborare con i gelada (Theropithecus gelada), una specie di babbuino anch'essa endemica degli altopiani etiopi, per andare a caccia di piccoli roditori.
La storia di questi canidi e dei loro comportamenti inaspettati, rappresenta quindi un simbolo della resilienza e delle capacità di adattamento di alcune specie che vivono in ambienti difficili, unici, ma molto particolari, proprio come le alture etiopi. Tuttavia, queste eccezionali capacità che li hanno resi così specializzati e localizzati, sono anche un grosso rischio, per questo è necessario proteggerli. Conservare gli ultimi lupi etiopi e il loro habitat così particolari, significa quindi salvaguardare un pezzo unico del "Tetto d'Africa" e riconoscere il valore inestimabile di una complessa e intricata rete ecologica che coinvolge da oggi, in maniera inaspettata, anche un fiore e il suo dolce nettare.