Milano Un folle derby d'Italia. Otto gol per un pareggio tra Inter e Juve: mai successo nella storia. E solo tre volte in campionato prima di ieri le due rivali avevano riempito così il pallottoliere. Dentro hanno convissuto almeno cinque partite. La partenza dell'Inter (1-0), il sorpasso della Juve (1-2), il ribaltone nerazzurro (3-2), la fuga della squadra di Inzaghi (4-2), la rimonta bianconera per il definitivo 4-4.
Milano Un folle derby d'Italia. Otto gol per un pareggio tra Inter e Juve: mai successo nella storia. E solo tre volte in campionato prima di ieri le due rivali avevano riempito così il pallottoliere. Dentro hanno convissuto almeno cinque partite. La partenza dell'Inter (1-0), il sorpasso della Juve (1-2), il ribaltone nerazzurro (3-2), la fuga della squadra di Inzaghi (4-2), la rimonta bianconera per il definitivo 4-4. Una sfida pazza nelle emozioni che fa sorridere solo il Napoli ora a più quattro sui campioni d'Italia.
Il presidente nerazzurro Beppe Marotta aveva auspicato che Inter-Juve fosse uno spot per la Serie A nel mondo. Così è stato diranno molti. Poi ci si dovrà mettere d'accordo sul concetto di spettacolo. Se fa rima con tanti gol e con difese che definirle tali è un insulto alla scuola italiana, allora va bene così. Sempre Marotta aveva detto: «La Juve non è il Borgorosso». Ma la retroguardia è da dilettanti. Due rigori regalati dai centrali (Danilo e Kalulu), di quelli furbi con gli attaccanti che non cercano la palla ma di farsi tirare un calcio. A completare due dormite: una sull'imbucata centrale di Mkhitaryan e una su calcio d'angolo (Dumfries). L'Inter avanti 4-2 dopo un'ora trascinata da un Thuram straripante fisicamente, ha pensato di averla vinta, nonostante i cambi, le parate «dell'interista» Di Gregorio e gli errori di Lautaro (tra i peggiori) e De Vrij. Così ha finito per essere vittima di se stessa, sorpresa sbilanciata sulle due rasoiate di Yildiz, il grande bocciato nelle scelte iniziali: una doppietta chirurgica da numero «10» a San Siro per mettersi alle spalle le critiche. Tutto questo mentre in tribuna si agitavano già le vedove di Max Allegri, che qui a febbraio aveva perso con un autogol senza mai superare il centrocampo. La memoria a volte gioca brutti scherzi.
È un pareggio da maneggiare con cura. Delicato per l'Inter che non segnava alla Juve 4 gol da 40 anni, ma ne prende altrettanti come non capitava dal 2014, contro il Cagliari. E sono tredici reti subite in nove partite: una cifra l'anno scorso raggiunta solo a marzo. Non può essere solo colpa di un De Vrij inguardabile. Ieri nel centrocampo in apnea Zielinski non ha fatto sentire l'assenza di Calhanoglu solo nei due rigori segnati. In più Lautaro non ha ancora smaltito le tossine della passata annata. Punto adrenalinico per Thiago Motta, strappato con assenze pesanti. Certo il già citato Yildiz e soprattutto Conceicao entrano in un'altra dimensione. Il portoghese sgusciante ha tenuto in scacco l'Inter. Ma i quattro gol subiti, dopo un rigore incassato in otto turni, alimentano le voci alla Continassa: l'assenza di Bremer può valere dieci punti. Soprattutto se il rimpiazzo è l'impresentabile Danilo. E dopo Lazio e lo choc Stoccarda, la conferma che a Vlahovic continuano ad arrivare pochissimi palloni giocabili: ieri un gol facile facile.
Quando è l'ora della cena, la sensazione è che per l'Inter sprecona il bicchiere sia mezzo vuoto: c'è da
ritrovare in fretta l'alchimia che ha portato a Istanbul e alla seconda stella. Per la Juve cinica invece è mezzo pieno: la via del gioco si può percorrere dopo anni a guardare gli avversari giocare. L'ultima parola alle difese.