Scenari
Una crisi epocale si abbatte sul settore: vetture a batteria invendute, normative sulla CO2 che rischiano di metterefuori gioco la produzione europea, mentre brand cinesi semisconosciuti tentano l’invasione con modelli termici e ibridi
26 novembre 2024
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Auto elettriche in affanno, fabbriche che chiudono (anche quelle tabù tedesche), le multe Ue per il superamento dei limiti di CO2 nel 2025 e i cinesi che vogliono dilagare in Europa. E sull’auto si abbatte una tempesta perfetta. Un’altra, forse quella più intensa e pericolosa capace di stravolgere la geografia dell’industria ben più della crisi epocale degli anni scorsi generato dal triplo combinato disposto di pandemia, guerra e chip shortage. Ora, l’industria dell’auto, partita lancia in resta verso la rivoluzione dell’auto elettrica con raffiche di annunci su improbabili all-in verso le macchine a batteria per far felici gli analisti di borsa (gli stessi che si bevono le bufale sulla guida tutta autonoma), si scontrano con la dura realtà: le vetture a ioni di litio, imposte nei fatti dalla Ue, non convincono i clienti. E il cliente è sovrano: se non è convinto non compra. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: vendite in picchiata (i dati Jato indicano cali a doppia cifra fino a superare un - 30%), modelli che non decollano in un’ipertrofia di offerta molo tedesca incapace di competere efficacemente con Tesla, che alla fine è la scelta numero uno, senza se e senza, se si vuole un’auto a pile.
L’auto elettrica quindi non decolla, è in stand by sulla pista e nonostante la conferma degli obiettivi UE di vendere solo veicoli a zero emissioni dal 2035, a settembre si ha avuto l’ennesima conferma con solo il 14% in Europa e il 4% in Italia. “I motivi - spiega Dario Duse, Responsabile Emea del team Automotive e Country Leader Italia di AlixPartners - sono molteplici: l’autonomia percepita, i costi di ricarica elevati, soprattutto in paesi come l’Italia, l’inadeguatezza delle infrastrutture di ricarica, l’incertezza sui valori residui, e i prezzi d’acquisto sempre più alti, che penalizzano le vendite anche dei veicoli non elettrici. Siamo davvero ancora lontani da una diffusione di massa dell’elettrico”.
Viene da chiedersi una volta di più come è stato possibile arrivare a questo punto, una situazione dove vacillano teutoniche certezze e ci si chiede quale gruppo (Stellantis o Volkswagen) farà la fine di Nokia che più di 15 anni fa non resistette all’onda d’urto della rivoluzione del touch. E di fronte alla Waterloo di volumi e profit warning, il mondo dell’automotive si interroga anche sulla capacità di molti manager che hanno deciso line-up invendibili, modelli assurdi e senza alcuna speranza di avere successo (il piccolo caso di Abarth 500e è emblematico, insieme a quello di Audi Q8 e-tron le cui vendite irrisorie hanno portato alla chiusura dello stabilimento di Bruxelles). Ma ci sono soprattutto colpe della politica. Qualche giorno fa, Carlos Tavares ha polemizzato in una round table, dove annunciava la piattaforma Stla Frame, dicendo che bisognerebbe chiedere come mai sono state decise normative in contrasto con le esigenze dei consumatori.
Insomma, l’auto elettrica ora è in attesa con le case che fanno a gara nel rivedere i piani sull’all-in, avendo di fronte la sfida cinese e l’incubo delle multe per le norme del 2025 con l’irraggiungibile limite di 94 grammi di C02/km, soglia che significa una sola cosa: i costruttori dovrebbero produrre non meno del 20% di auto elettriche (forse anche quasi il 30 in alcuni casi). Auto che, stante l’attuale situazione, resterebbero invendute a prendere pioggia e grandine nei piazzali. Cosa vuol dire questo? Semplice, le case piuttosto smetteranno di produrre termiche e ibride per non pagare multe o compare crediti di CO2. E le stime, indicate anche da Luca de Meo, ceo di Renault e presidente di Acea indicano che a rischio ci sono circa 2.8 milioni di vetture che non saranno prodotte, corrispondete all’output di una decina di fabbriche europee. E Acea ha chiesto di intervenire per rivedere le norme 2025 stabilite ben prima del covid con altre previsioni sul successo dell’auto elettrica.
«Dal 2025 - afferma Duse - entrerà in vigore lo scalino ulteriore di riduzione della CO2 emessa dai veicoli venduti (target diversi per ciascun OEM, -15% vs il 2021) e la penalizzazione sarà di 95 euro per ogni grammo medio in più. Importi che potrebbero azzerare il profitto operativo di un costruttore medio europeo che vende circa 3 milioni di veicoli. In un mercato stagnante dove i volumi produttivi sono sotto stress, e le quote di mercato vanno difese strenuamente dall’attacco di nuovi costruttori (cinesi in primis), ridurre le penalizzazioni può significare dover forzatamente produrre meno veicoli con motore a combustione. Tutto questo comporta un ulteriore invecchiamento del parco auto, che in Italia si avvicina ormai a 13 anni, producendo chiaramente risultati opposti a quelli di decarbonizzazione».