Lo sfruttamento estremo dei lavoratori migranti di Carrefour in Arabia Saudita – Il report

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Lavoratori migranti impiegati in strutture dell’Arabia Saudita in franchising col gigante francese delle vendite al dettaglio Carrefour sono stati ingannati dagli agenti di reclutamento, sono stati obbligati a svolgere turni eccessivi di lavoro, si sono visti negare giorni di riposo e trattenere gli stipendi e sono stati costretti a vivere in alloggi squallidi nel costante timore di essere licenziati se avessero protestato o avessero rifiutato di fare gli straordinari.

È quanto ha denunciato Amnesty International in un nuovo rapporto sullo sfruttamento del lavoro migrante in Arabia Saudita.

La ricerca fa seguito a quella resa nota un anno fa sullo sfruttamento del lavoro migrante nelle strutture di Amazon in Arabia Saudita – un rapporto che chiamava in causa una stessa agenzia di collocamento – a seguito del quale Amazon ha versato oltre 1,9 milioni di dollari per rimborsare le spese di reclutamento sostenute da oltre 700 lavoratori.

Quella attuale si è basata su interviste e informazioni fornite da 17 uomini provenienti da Nepal, India e Pakistan. Dal 2021 al 2024 hanno lavorato in strutture della Carrefour di Riad, Gedda e Dammam. Quasi tutti erano stati assoldati da agenzie di collocamento e contrattualizzati dal partner commerciale saudita del Gruppo Carrefour, Majid Al Futtaim. Per assicurarsi il posto di lavoro, i 17 uomini hanno versato agli agenti negli stati di origine una media di 1200 dollari, spesso ricorrendo a prestiti ad alto interesse, nonostante tali prassi siano state messe fuorilegge in Arabia Saudita e vietate dalle stesse politiche della Majid Al Futtaim.

Quasi tutti i lavoratori intervistati sono stati ingannati dagli agenti o quantomeno hanno ricevuto informazioni fuorvianti, a volte col coinvolgimento delle agenzie di collocamento, sulla natura e i benefit previsti dal loro impiego in Arabia Saudita o sono stati fatti credere che sarebbero stati assunti direttamente da imprese internazionali. Molti, dopo aver anticipato agli agenti somme che non sarebbero più stati in grado di recuperare, hanno scoperto che sarebbero stati assunti da agenzie saudite, che sono notoriamente ostili ai lavoratori.

Una volta giunti in Arabia Saudita, gli uomini si sono trovati a svolgere lavori usuranti, regolarmente sottopagati. Hanno dovuto camminare ogni giorno per oltre 20 chilometri e lavorare 60 ore alla settimana, in alcuni casi fino a 16 ore al giorno, specialmente nei periodi di “boom” commerciale, come ad esempio le settimane degli sconti o il mese di Ramadan. In violazione sia delle leggi saudite che delle regole della Majid Al Futtaim, si sono visti cancellare dai manager dei supermercati e dei magazzini i giorni di riposo.

Questa è la testimonianza di Anand*, un addetto ai magazzini:

“Nei negozi della Carrefour, i lavoratori non sono trattati come esseri umani, ma come animali. Continuano a dirci ‘yallah, yallah’ (‘veloci, veloci’). Si aggrappano alle magliette per farci lavorare velocemente”.

L’esperienza più dura è stata quella di non essere pagati adeguatamente per le ore di straordinario, come richiesto dalle leggi saudite e dalle politiche delle imprese: decine di ore di straordinario al mese per un mancato pagamento di centinaia di dollari all’anno. Gli alloggi forniti ai lavoratori erano spesso sporchi e sovraffollati, contrariamente a quanto prevedono le politiche di Majid Al Futtaim: i lavoratori dormivano in sei-otto in una stanza, descritta da uno di loro come “una stalla per le mucche”.

I lavoratori hanno descritto un clima di paura. Chi ha osato protestare coi manager della Carrefour è stato ignorato o si è sentito ribattere che avrebbe dovuto rivolgersi all’agenzia di collocamento. Alcuni hanno subito rappresaglie dalle agenzie o direttamente dai manager della Carrefour, altri sono rimasti a subire in silenzio. La Majid Al Futtaim ha replicato ad Amnesty International che sono vietate azioni di rappresaglia nei confronti di chi presenta un “reclamo in buona fede”, ma i lavoratori hanno denunciato che se si opponevano allo straordinario venivano minacciati di essere licenziati o di non essere pagati.

Baburam* ha raccontato:

“Era duro lavorare così a lungo ma il manager non mi lasciava andare. Diceva: ‘Devi completare gli ordini, dopo puoi andare’. Che avrei potuto fare? Se non lavoravamo 15 ore, ci diceva: ‘Chiuderemo il contratto, non vi pagherò per il lavoro extra”.

“Chiudere il contratto” può significare che un lavoratore può restare senza impiego a meno che la sua agenzia di collocamento non ne trovi un altro, cosa che spesso accade settimane o mesi dopo. Durante questo periodo, il lavoratore può rimanere privo di sostegno da parte dell’agenzia e dello stato saudita.

Questa è la testimonianza di Gopal*:

“Se avessi protestato, avrei potuto perdere il lavoro. È successo a 14-15 lavoratori. In quel caso, l’agenzia di collocamento ti lascia a casa per quattro o cinque mesi”.

Secondo i lavoratori intervistati da Amnesty International, le due principali caratteristiche del lavoro forzato – il lavoro contro la propria volontà e la minaccia di sanzioni – sono presenti nelle operazioni in franchising del Gruppo Carrefour in Arabia Saudita.

Rispondendo alle conclusioni sottoposte loro da Amnesty International, il Gruppo Carrefour e Majid Al Futtaim hanno dichiarato di aver avviato un’indagine interna.

Il Gruppo Carrefour ha anche richiesto una revisione indipendente delle operazioni del suo partner in franchising. Majid Al Futtaim ha descritto in modo dettagliato le azioni intraprese per rimediare a situazioni sulle quali Amnesty International aveva lanciato l’allarme: ha trasferito alcuni lavoratori in nuovi alloggi, ha rivisto le politiche sullo straordinario, ha vietato il versamento di tasse per l’assunzione, ha aumentato la supervisione sui nuovi fornitori e ha migliorato l’accesso alla linea telefonica d’emergenza per i lavoratori alle sue dipendenze.

Restano, tuttavia, alcune domande: perché nessuna delle due aziende ha identificato o risolto i problemi prima che, intorno alla metà del 2024, Amnesty International intervenisse, quando l’organizzazione addirittura un anno prima aveva pubblicato un’indagine su uno dei loro fornitori? E perché né il Gruppo Carrefour né Majid Al Futtaim si sono impegnati a rimborsare ai lavoratori le somme versate per essere assunti o a risarcirli per le sofferenze subite?

Il 7 novembre l’Organizzazione internazionale del lavoro esaminerà un’importante denuncia contro il governo dell’Arabia Saudita circa il trattenimento degli stipendi, il lavoro forzato e il divieto di formare sindacati. La denuncia è stata promossa dal sindacato globale Building and wood workers’ internazionale nel giugno 2024 ed è sostenuta da Amnesty International e altre organizzazioni.

*I nomi sono stati cambiati

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