Lotta contro il cancro: decodificato il Dna-Cenerentola. Cos'è e come si potrà intervenire

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La scoperta di queste molecole consentirà di intervenire con nuove terapie mirate. Ed è già iniziata la sperimentazione sull'uomo

 decodificato il Dna-Cenerentola. Cos'è e come si potrà intervenire

Un'importante scoperta potrebbe segnare la svolta nella lotta contro il cancro; stiamo parlando di una nuova forma di Dna che è stata recentemente decodificata e a cui è stato dato il nome di "Dna-Cenerentola". Secondo i ricercatori, grazie a questo importante tassello sarà possibile intervenire sulla malattia con nuove terapie.

Il Dna-Cenerentola

Si tratta di un risultato davvero significativo per la medicina. Secondo ben tre studi pubblicati su Nature, questi geni decodificati avrebbero un ruolo chiave nello sviluppo dei tumori. Delle ricerche effettuate da team di esperti dell'università di Stanford e dell'Istituto britannico Francis Crick hanno dimostrato come questo Dna sia da sempre presente nelle cellule umane. Fino a poco fa non gli era riconosciuto molto valore, dato che si trattava di piccoli segmenti esterni ai cromosoni (Dna extracromosomiali), eppure si è capito che ricoprono un ruolo considerevole, specie nello sviluppo del cancro. Secondo gli studiosi, i geni contenuti in questo Dna rientrano fra le principali cause di tumore. Da qui l'importanza di trovare un modo per intervenire su di essi.

"L'esistenza del Dna extracromosomale è nota fin dagli anni sessanta, ma solo recentemente si è scoperto che questo Dna è molto comune nei tumori", ha spioegato il dottor Ylli Doksani, biologo specializzato in biologia molecolare e genetica dell'Istituto milanese di Oncologia Molecolare, come riportato da Tgcom24. "Si può definire come una sorta di 'wild card' genetica che le cellule tumorali utilizzano per proliferare ed evadere le difese dell'organismo".

Lo studio

Per arrivare a questo risultato, i ricercatori hanno esaminato i dati di 15mila pazienti, studiano ben 39 tipologie di cancro. Alla fine della loro analisi, hanno scoperto che il Dna extracromosomale (ecDna) era presente nel 17% dei casi. Non solo. Pare che la presenza di Dna extracromosomale porti a metastasi, e sia da associare a un tasso di sopravvivenza inferiore. "Per alcuni tumori come quello alla mammella dovuto a una particolare mutazione, questa percentuale è molto più alta, arrivando a un caso su due. In ogni caso la presenza di ecDna sembra correlare in generale con una maggiore aggressività", ha dichiarato il dottor Doksani.

Vi sono poi altri dettagli emersi dal prezioso studio. Differentemente da quanto avviene per i cromosomi, il processo di copia delle sequenze del Dna extracromosomale, indispensabile per la produzione di proteine, continua ininterrottamente, anche quando avviene la divisione cellulare. Questo perché queste molecole lavorano in coppia, e possono essere trasmesse insieme alle cellule figlie. In questo modo è più facile aggirare le difese dell'organismo e provocare il cancro. "Per questi elementi manca la coordinazione tra trascrizione e replicazione, i due processi entrano in conflitto. Ma questo aspetto può rappresentare anche una vulnerabilità, se si vanno a colpire quelle proteine che controllano questo conflitto", ha aggiunto il dottor Ylli Doksani.

Tuttavia, esisterebbe una vulnerabilità su cui agire, come dimostrato da uno dei tre studi. Se si blocca una proteina chiave di controllo, ribattezzata Chk1, le cellule che contengono Dna extracromosomale muoiono.

In alcuni topi utilizzati in laboratorio per la ricerca si è ottenuta la remissione di una forma di cancro allo stomaco. I risultati sono stati considerati tanto promettenti che è stato deciso di avviare una sperimentazione sull'uomo.

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