Michel all'ANSA, 'Italia-Albania? Non si temano le novità'

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 "Penso che non dovremmo aver paura di guardare a modi operativi, modi concreti per essere più efficaci in termini di gestione della migrazione". Lo ha detto il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel in un'intervista alla European Newsroom di cui l'ANSA fa parte, rispondendo ad una domanda sugli hot spot per i rimpatri. Per quanto riguarda nello specifico al protocollo Italia-Albania, "non voglio interferire nel dibattito interno in Italia ma dobbiamo esaminare quali sono le modalità concrete e non intendo dire che gli hotspot in Albania siano buoni o meno". 

Secondo Michel, tutto dipende "da quali modalità concrete" saranno contenute nelle nuove soluzioni e su come si potrà far rispettare "i principi del diritto internazionale", e anche su questo aspetto si dovrà entrare nei dettagli, perché ci sono elementi importanti che hanno un ruolo, come "la proporzionalità delle misure". In generale, secondo Michel, l'atmosfera all'interno del Consiglio Europeo ora è cambiata, quando si parla di immigrazione. "Posso dirvi - ha notato - che l'ultimo dibattito che abbiamo avuto la settimana scorsa è stato molto, molto interessante, ora c'è una maggiore convergenza sull'idea che dobbiamo combattere l'immigrazione clandestina, perché non possiamo permettere che siano gli scafisti e i trafficanti a decidere chi può entrare nell'Unione europea, ma anche la necessità di aumentare i percorsi d'ingresso legali". "Nel 2016 - ha assicurato - c'era una totale mancanza di fiducia tra i leader. Non era assolutamente possibile avere anche solo una conversazione razionale sulla migrazione. C'erano insulti e sfiducia. È stato un caos totale e ci sono voluti alcuni anni per ripristinare la fiducia all'interno dell'Europa e la fiducia era stata distrutta a causa del modo in cui la migrazione non è stata affrontata all'interno del Consiglio Europeo". Michel ha affermato poi che la migrazione è "una sfida politica", perché "a volte viene usata in modo improprio da alcuni gruppi politici o partiti politici per indebolire il progetto europeo". "Sono favorevole - ha assicurato - a un maggiore coordinamento europeo sul concetto di Paesi sicuri e c'è sempre più consenso su questa idea che, nonostante questa decisione nazionale, dobbiamo cooperare e andare più nei dettagli".

"Dobbiamo fare di tutto per non diventare il museo del mondo. Siamo ad un punto di svolta ed è davvero importante per il futuro mantenere lo stesso livello di ambizione che avevamo in passato, la stessa passione per il progetto europeo" ha aggiunto. "Vogliamo più sovranità, vogliamo più influenza nel mondo", ha aggiunto, indicando come "cruciali" il rapporto Letta e il rapporto Draghi. "Spero che al prossimo Consiglio Europeo i leader diano ad esempio luce verde alla nascita dell'Unione dei capitali", ha detto.
 

Le elezioni americane
"Ci sono sicuramente delle differenze tra Harris e Trump, e nel breve termine sarebbe sicuramente diverso se alla Casa Bianca andrà l'uno o l'altra, ma a medio o lungo termine, siamo sicuri che sarà fondamentalmente diverso? In termini di partnership economiche, pensiamo che con o senza Harris, con o senza Trump, gli Stati Uniti non saranno un Paese più protezionista? Lo sono, purtroppo" ha spiegato Michel. "Non voglio che i miei figli dipendano da chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, o da chi sarà alla guida della Cina o della Russia: voglio che i miei figli, i miei nipoti siano padroni del loro destino perché è in Europa che decidiamo qual è il nostro futuro e qual è il nostro destino", ha detto ribadendo che l'Ue deve essere più competitiva se vuole ancora contare nel mondo. Non solo. In questo quadro lo sviluppo del settore industriale europeo della difesa è "assolutamente cruciale". "Obama prima e Trump poi avevano ragione a chiedere agli alleati europei di spendere il 2% per la difesa ma era anche un modo per sostenere la loro industria della difesa e sbaglierebbero se pensassero che si può aumentare la sicurezza senza sviluppare la nostra base industriale", ha aggiunto. "Se vogliamo essere in futuro un fornitore di sicurezza, dobbiamo, ovviamente, avere le nostre partnership, i nostri progetti con gli americani, inclusa l'industria della difesa americana, ma parallelamente dobbiamo sviluppare la nostra industria della difesa: un rapporto recente mostra che l'80% dell'equipaggiamento militare che l'Ue sta inviando all'Ucraina proviene dagli Stati Uniti. Non credo che in futuro dovrebbe essere lo 0%, ma tra lo 0% e l'80% ci sono alcuni margini per migliorare".

Medio Oriente
"L'Ue dovrebbe essere più ambiziosa nel giocare un ruolo nel Medio Oriente e usare l'influenza su entrambe le parti per portare più pace e stabilità: sottostimiamo la nostra capacità di poter essere rilevanti quando siamo più determinati e uniti" ha detto il presidente del Consiglio Europeo. "I doppi standard sono un veleno, non dobbiamo cadere nella trappola: se come Ue abbiamo l'ambizione di essere potenti, di essere più sovrani, di avere più influenza, di essere più padroni del nostro destino, una delle prime condizioni è di non seguire doppi standard, perché in quel caso perdiamo la nostra autorità, la nostra credibilità", ha detto Michel rispondendo ad una domanda sulle accuse di doppiopesismo piovute in particolare dal Sud Globale nelle differenze europee sulla risposta alla guerra a Gaza e al conflitto in Ucraina. "Questa è la posta in gioco ed è per questo che ho combattuto, compresi gli ultimi mesi, impegnandomi per convincere il resto del mondo che non seguiamo doppi standard, che siamo coerenti". "Ciò che sta accadendo a Gaza è terribile", ha dichiarato Michel, sottolineando di "temere" cosa si scoprirà una volta che l'ingresso sarà ristabilito. "Se siamo sinceri rispetto a ciò che vogliamo promuovere, i nostri valori democratici, i nostri principi basati sull'umanità e la dignità umana, dobbiamo essere più determinati. Altrimenti il conflitto alimenterà più migrazione illegale e polarizzerà di più le nostre società". 

Allargamento dell'Unione europea
Michel, si è detto "assolutamente convinto, più che mai" che l'allargamento dell'Ue a nuovi Stati entro il 2030 sia un obiettivo realistico. "Considerati gli ultimi sviluppi geopolitici, sarebbe assurdo se l'Ue non accelerasse con l'allargamento: è nel nostro interesse", ha spiegato. "Se vogliamo più stabilità, più sicurezza, più prosperità in futuro, non possiamo lasciare che i Paesi dei Balcani occidentali si trovino in una specie di zona grigia dove altri attori stanno conducendo un gioco per destabilizzare quei Paesi, le loro, l'Ue e i valori e i principi democratici che sosteniamo". Per il presidente del Consiglio Europeo, non sarà "un percorso facile" ma "più procrastiniamo, più permettiamo ad altri - che non hanno gli stessi valori, gli stessi principi e interessi - di usare la nostra procrastinazione per metterci in difficoltà". "C'è consapevolezza a livello di leader sul bisogno di prepararsi a questo allargamento", ha detto Michel, avvertendo delle "conseguenze finanziarie" e della "sfida politica" che ciò rappresenta. "Non è difficile, se c'è la volontà politica, assorbire" i paesi dei Balcani Occidentali in Ue, considerata la loro dimensione, ha aggiunto Michel. L'Ucraina è "un caso specifico" perché con i suoi 40 milioni di abitanti potrebbe avere "un effetto più visibile sulla struttura del bilancio europeo", una questione a cui si aggiunge quella della ricostruzione, per la quale secondo l'ex premier belga serve un "meccanismo finanziario specifico". Michel ha espresso infine scetticismo sull'ipotesi più volte ventilata di abbandonare il principio di unanimità per rendere più agile il processo decisionale. Secondo il presidente, questo porterebbe ad una maggiore "frustrazione al tavolo del Consiglio europeo, la divisione sarebbe la nuova normalità", ha detto, evidenziando che nonostante "le battute d'arresto" il principio dell'unanimità spinge i leader a tener conto di "tutte le sensibilità" e a integrarle in una "posizione comune europea".

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