18 Ottobre 2024 17:27
I ricercatori hanno scoperto che i delfini espirano microplastiche dal loro sfiatatoio. Tutti i campioni analizzati, recuperati dal respiro dei tursiopi, sono risultati contaminati da almeno un frammento di plastica, un inquinante ormai presente ovunque.
Un tursiope. Credit: Andrea Centini
Potrebbe sembrare assurdo, ma gli scienziati hanno scoperto microplastiche nel respiro dei delfini selvatici. In parole semplici, quando gli animali marini espirano dallo sfiatatoio – l'equivalente delle nostre narici per i cetacei – rilasciano minuscoli frammenti di plastica, un contaminante ambientale che l'essere umano con le sua attività ha sparso su tutto il mondo. Le microplastiche e le nanoplastiche sono infatti onnipresenti e, anche grazie al trasporto attraverso gli agenti atmosferici, sono state trovate persino nei luoghi più remoti e inaccessibili della Terra, dagli abissi più profondi come la Fossa delle Marianne nell'Oceano Pacifico alle vette più alte. Ma non solo. Ogni organo e tessuto del nostro organismo ne è contaminato: sono state trovate anche in sangue, sperma, cordone ombelicale, cervello e praticamente in qualsiasi parte del corpo umano venga in mente. Secondo recenti studi ingeriamo e inaliamo mezzo chilogrammo di microplastiche ogni anno. Non c'è dunque da stupirsi che la plastica contamini anche gli animali; uno studio dell'Università di Miami l'ha trovata in migliaia di animali marini, tranne che nei tardigradi. Ora sappiamo questo contaminante viene persino espirato dai delfini.
A determinare che le microplastiche si trovano persino nel respiro dei delfini è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi della Facoltà di Scienze della Salute del College di Charleston, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti la Scuola di Salute Pubblica “Arnold” dell'Università della Carolina del Sud; la Fondazione Oceanografica di Valencia (Spagna); il Sarasota Dolphin Research Program della Chicago Zoological Society; la National Marine Mammal Foundation di San Diego e altri. I ricercatori, coordinati dai professori Miranda Dziobak e Leslie B. Hart dell'ateneo di Charleston, hanno scoperto le microplastiche dopo aver analizzato il respiro di alcuni delfini selvatici che vivono nella baia di Sarasota in Florida e nella baia di Barataria nella Louisiana. I ricercatori si sono concentrati sui tursiopi (Tursiops truncatus), i delfini per antonomasia come Flipper e moltissimi altri esemplari che popolano acquari e delfinari loro malgrado, trattandosi di una specie “adattabile” alla cattività. Si tratta inoltre di delfini costieri, pertanto sono esposti a condizioni simili a quelle delle persone che vivono nelle città affacciate sull'oceano (oltre il 40 percento della popolazione mondiale vive a ridosso del mare).
Tursiope. Credit: Andrea Centini
Grazie a un'autorizzazione speciale i ricercatori hanno potuto interagire con questi animali selvatici, riuscendo a catturare il loro respiro attraverso spirometri e piastre di Petri posizionati sullo sfiatatoio. I campioni sono stati analizzati in laboratorio attraverso varie tecniche – come la spettroscopia di Raman – ed è emerso che in tutti gli esemplari esaminati il respiro era contaminato da almeno un frammento di microplastica. Non è assolutamente la prima volta che ogni campione analizzato in indagini analoghe risulta positivo alla contaminazione da plastica. Ancora non è stato determinato di che polimeri si tratti, ma è chiaro che la loro presenza rappresenta un potenziale, severo pericolo per la salute per questi animali. Secondo gli autori dello studio i delfini si contaminano perché il moto ondoso libera costantemente microplastiche nell'aria a ridosso della superficie (ogni anno si stima ben 100.000 tonnellate) a causa dei detriti presenti, dunque non c'è da stupirsi che i cetacei la inalino, dato che è proprio il punto dove respirano prima di immergersi nuovamente.
“Negli esseri umani, le microplastiche inalate possono causare infiammazioni polmonari , che possono portare a problemi tra cui danni ai tessuti, eccesso di muco, polmonite, bronchite, cicatrici e forse cancro. Poiché i delfini e gli esseri umani inalano particelle di plastica simili, i delfini potrebbero essere a rischio per gli stessi problemi polmonari”, ha spiegato in un articolo su The Conversation il professor Hart. “La ricerca mostra anche che la plastica contiene sostanze chimiche che, negli esseri umani, possono influenzare la riproduzione, la salute cardiovascolare e la funzione neurologica. Poiché i delfini sono mammiferi, le microplastiche potrebbero rappresentare questi rischi per la salute anche per loro”, ha chiosato l'esperto. L'unica certezza è che con le nostre mani abbiamo insozzato l'intero pianeta e a pagarne le conseguenze non siamo solo noi, ma tutte le specie viventi che lo popolano e gli equilibri degli ecosistemi. I dettagli della ricerca “First evidence of microplastic inhalation among free-ranging small cetaceans” sono stati pubblicati su PloS ONE.