Serie A, dilaga la censura: la protesta invisibile dei tifosi della Roma e il silenzio omertoso che circonda il pallone

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Sono state nascoste le immagini della Curva Sud deserta per protesta nei 15’ iniziali di Roma-Inter: domenica la televisione ci ha regalato l’ultima perla di un fenomeno dilagante in un mondo omertoso come quello del calcio. La censura. La Lega, di fatto, ha imposto a Dazn e Sky di non mostrare cose “brutte, ma solo “belle”. E quelle scomode, si sa, sono “bruttissime”. Non disturbare il manovratore – ovvero club e presidenti – è regola diffusa, con l’accondiscendenza dei media, salvo quando entra in scena la magistratura, vedi il caso delle curve di Milan e Inter, da anni tenute sotto scacco dalla malavita con la maiuscola. Costretti dall’onda, i mezzi di comunicazione accendono finalmente i riflettori. Si scoprono gli altarini. Emergono collusioni e collisioni.

Lisciare il pelo o fare retorica da quattro soldi sul mondo ultras è pericoloso: gli scontri di domenica tra fiorentini e andriesi sono stati l’ultima indecenza. Lo show delle coreografie maschera spesso affari illeciti. I boss delle curve cercano visibilità per legittimare il loro potere. Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, leader storico degli Irriducibili laziali, ucciso in un agguato il 7 agosto 2019, era fotografatissimo. Ora che è morto, sulla pagina di Wikipedia viene classificato come “criminale italiano”. Ma la censura di una forma civile di protesta è un’altra storia. Il telecronista di Dazn, Pierluigi Pardo, esercitando un normale diritto di cronaca, ha raccontato in pochi secondi che cosa stesse accadendo quando, al 15’, la Curva Sud si è riempita. La televisione non aveva mostrato le immagini: viene da ridere che tutto questo accada nell’era dei social, dove sebbene l’informazione di un colosso come X sia finito nelle mani del trumpiano Elon Musk, è impossibile oscurare quello che accade in pubblico (e non solo).

I Friedkin sono da tempo nel mirino della tifoseria romanista. Sono proprietari muti: nessuno conosce la loro voce. Hanno speso moltissimo per rilevare il club e hanno compiuto tagli pesanti alla voce personale per ridurre i costi: più facile mandare a casa un comune mortale che guadagna duemila euro rispetto ad alcuni elementi scarsi, pagati a peso d’oro. L’esonero di Daniele De Rossi ha fatto saltare il tappo. Le critiche alla gestione statunitense sono scoperte. Il problema è che dissenso (“non si può gestire un club come fanno i proprietari della Roma”, scrive Massimo Mauro su Repubblica) e domande scomode arrivano spesso da ex giocatori. Nel dopo-partita di domenica, è stato Ciro Ferrara, non proprio un Masaniello nonostante le origini napoletane, a chiedere a Ivan Juric quanto sia difficile per lui lavorare “in un contesto in cui la dirigenza è contestata e alcuni giocatori sono fischiati”. Illuminante la conferenza stampa della vigilia di Monza-Roma, 48 ore dopo la sconfitta dei giallorossi sul campo dell’Elfsborg: la prima domanda, dopo le dichiarazioni di Juric che in Svezia aveva parlato di “passi in avanti” nonostante la figuraccia, ha riguardato disponibili e indisponibili. Non c’è da sorprendersi: da anni, nel rapporto ultramilionario che lega televisioni e club, è praticamente vietato porre domande scomode. Bisogna andare giù con la melassa, e allora vai con disponibili e indisponili. Almeno un tempo si parlava di bagni e massaggi.

Il problema è che si sale pericolosamente di livello quando si passa dalle domande soft agli allenatori agli intrighi dei club. Quando nel 2022 Gerry Cardinale s’impadronì del Milan e divenne di dominio pubblico il fatto che il nuovo proprietario del club rossonero aveva chiesto un prestito al venditore, il fondo Elliott, nessuno si pose una domanda elementare: è normale che chi compra una casa si faccia aiutare da chi la cede? I due anni di gestione-Cardinale non hanno dissolto i dubbi, ma chi indaga o svela retroscena inquietanti viene messo alla berlina, non solo dal club, ma anche dai “colleghi”.

Nei gloriosi anni della Democrazia Cristiana al potere, la mannaia della censura si abbatté sulle canzoni di Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Francesco Guccini, Lucio Dalla, Lucio Battisti. Travolse “Luci a San Siro” dell’interista Roberto Vecchioni – ma non era dedicata al calcio – e persino “Questo piccolo grande amore” di Claudio Baglioni. Viene da sorridere di fronte alla natura di quei tagli, in nome della “moralità” di un’Italia bacchettona. La comunicazione nel calcio certifica il peggioramento del livello d’informazione nel nostro paese, sceso di cinque posizioni nell’ultima classifica di Report Senza Frontiere: nel 2024 siamo passati dal 41esimo al 46esimo posto. Siamo lontani dalla zona Champions ed Europa League, in un limbo di mediocrità che ribadisce la deriva di un paese dove la magistratura sta vivendo giorni difficili per la semplice ragione di chiedere il rispetto delle leggi internazionali. Il calcio, ancora una volta, è la cartina di tornasole dell’Italia.

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