Cronaca
di F. Q. | 18 Novembre 2024
Aveva evitato una condanna fingendosi morto ma ha continuato a delinquere e, quando lo hanno pizzicato per una serie di furti nel nord Italia, il suo trucchetto è stato svelato. Incastrato dalle impronte digitali che non coincidevano con quel documento falso che portava con sé. Così ora, con ogni probabilità, per lui si riapriranno le porte del carcere, senza contare il rischio di una nuova condanna per aver architettato il piano che gli aveva permesso di sfuggire alla prima pena.
La vicenda, raccontata da La Gazzetta del Mezzogiorno, inizia con un documento firmato dai funzionari della Corte d’appello di Taranto: “Procedimento estinto per la morte reo”. Protagonista un tarantino di 43 anni con un curriculum giudiziario nel quale annovera furti, tentativi di rapine e altre reati minori che avevano portato a un cumulo pena di due anni.
L’uomo ha prima tentato di evitare di finire in carcere collaborando con la giustizia ma, una volta fallito il piano A, è passato al B avviando l’iter per l’affidamento ai servizi sociali. Ma durante il disbrigo delle pratiche, ecco il colpo di scena: i giudici hanno ricevuto un certificato di morte e quindi hanno dichiarato estinto il procedimento. Ma le cose, in realtà, non stavano proprio così.
L’imputato era infatti in vita e si era trasferimento in Veneto, continuando a delinquere. Lo stratagemma è venuto a galla quando l’uomo è stato fermato insieme a due complici dai carabinieri, accusato di rapina e furto. Quando all’ingresso in carcere ha dovuto fornire le proprie impronte digitali, ecco l’apparente resurrezione: nome e cognome riportato sui documenti che aveva con sé non corrisponde. La carta di identità era falsa e quell’uomo è il tarantino “morto” poche settimane prima.
Così la Corte d’Appello di Taranto ha revocato le pratiche per l’affidamento in prova ai servizi sociali e il 43enne resterà in carcere per un po’ per scontare le pene cumulate, senza contare le probabili nuove accuse per il tentativo di fingersi morto.
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