Prendi un attaccante africano, associalo a un leone e il gioco è fatto. Il leone ruggisce, attacca, è pericoloso, virile: un bomber della natura, praticamente. Se invece il tuo soprannome è “l’elefante di Duala“, la narrazione diventa più complicata, devi impegnarti di più, perché per un attaccante diventare “pachidermico” è un problema. Eppure, l’elefante è un animale magnifico: capace di intelligenza emotiva, cognitiva e sociale, con spiccate capacità di problem solving, racchiude in sé, più che i leoni, la saggezza millenaria dell’Africa. L’elefante di Duala è Patrick Mboma: un mito per l’Africa, uno dei più bei ricordi del Cagliari. Un attaccante non immediatamente comprensibile, una personalità colta e affascinante.
Infanzia comune a molti: i primi anni a Duala, in Camerun, e poi i genitori che emigrano in Francia, a ridosso di Parigi: Bondy, per l’esattezza. Periferia parigina, Bondy, e forse sarà l’aria, forse il cibo, forse le partitelle in strada, ma da lì, da un comune di 53mila abitanti, sono partiti Gakpé, Ikoné, Kolo Muani, Saliba, Mbappé e, prima di loro, appunto, Patrick Mboma. Da qui Patrick si fa notare: ha un fisico da corazziere, ereditato dal papà che giocava portiere, eppure è veloce e agile. Ha anche un buon carattere: è educato e pretende educazione, non rigetta la cultura, anzi, è molto curioso e propenso allo studio, ma è un po’ pigro e a volte il forte attaccamento alle sue radici rischia di diventare una comfort zone da cui è riluttante a uscire.
Dopo il provino per il PSG, infatti, è un amico che lo convince a telefonare per sapere se gli è andata bene, presentandogli anche i soldi per chiamare dal telefono pubblico di Saint-Denis. Sì, gli è andata bene: e Patrick si ritrova nelle giovanili di una squadra che ha gente del calibro di Pascal Nouma, Amara Simba e più avanti Weah e Ginola. Tanta roba, forse troppa, con Patrick che dalla seconda squadra del PSG preferisce giocarsi le sue carte allo Châteauroux in prestito: la prima stagione è così così, la seconda vede Patrick segnare 17 gol in campionato. Un biglietto che gli vale il ritorno al Parco dei Principi: l’inizio è ottimo, con una doppietta agli ungheresi del Vac Samsung nei preliminari di Champions League, ma poi fatica a trovare spazio e, dopo aver collezionato solo 8 presenze e 1 gol in Ligue 1, decide di andare ancora in prestito, stavolta al Metz, dove trova i suoi connazionali Song e Song’O.
La stagione è di alti e bassi: segna 4 gol in campionato ma fa i conti con diversi problemi fisici, contribuisce però alla vittoria della Coppa di Lega. La stagione successiva dovrebbe essere quella della consacrazione, ma anche stavolta parte bene, con un gol al Vaduz in Coppa delle Coppe e poi non trova spazio in campionato nel PSG, così decide di cambiare radicalmente: va al Gamba Osaka in Giappone. Intanto è arrivata anche la nazionale e qui la musica cambia: partecipa a suon di gol alle qualificazioni per il Mondiale ’98, in Francia segna anche un gol contro il Cile, nell’ultima gara del girone. In Giappone poi va benissimo: al primo anno è capocannoniere del campionato.
Ma sono le prestazioni con il Camerun ad attirare su Patrick l’attenzione del Cagliari e di Massimo Cellino: l’affare si farà subito, sulla base di 6 milioni di dollari, e Mboma si dirà orgoglioso di essere stato notato per le sue prestazioni in nazionale. Al presidente cagliaritano fa una richiesta inconsueta: un bonus, ovvero un’automobile, non in base ai gol o alle prestazioni sul campo, ma per l’apprendimento della lingua italiana. Un gioco da ragazzi per Patrick, che già parla Francese, Inglese, Spagnolo e un po’ di Giapponese, si presenta in conferenza stampa con un italiano impeccabile. Le condizioni, tuttavia, non sono ottimali: Patrick ha già ventotto anni e un fisico imponente non certo tirato a lucido, in un campionato non performante come la J League. Tuttavia si impegna per arrivare in forma a inizio stagione, e contro il Lumezzane in Coppa Italia è suo il primo gol stagionale, vantaggio del Cagliari in una gara che però finisce 3-1 per i lombardi. Un infortunio al piede e problemi all’interno dello spogliatoio, però, minano l’esperienza di Mboma in Sardegna.
Stavolta, più maturo, invece di mollare, tiene duro: salta praticamente tutto il campionato fino a marzo, quando sfodera una tripletta incredibile contro l’Empoli. Da lì parte praticamente un altro campionato per il camerunense, che segna in tutti i modi, in quattro gare di fila, contro Perugia, Bologna, Salernitana e Roma. Quello alla Salernitana è poi un gol particolarmente iconico e importante: è una sfida salvezza e Mboma porta in vantaggio i suoi, per esultare sfodera ancora il suo senso etico e il suo attaccamento alla terra d’origine, mostrando una maglia per Rigobert Song, connazionale “tagliato” dai granata. Quei gol, in ogni caso, rappresentano la scintilla che fa scoccare l’amore tra Patrick e una tifoseria calda come quella del Cagliari.
La stagione successiva è la migliore per Mboma: il Cagliari retrocede, ma lui firma 8 gol in stagione e 6 in Coppa Italia, che portano i sardi fino alla semifinale contro l’Inter, e intanto in Coppa d’Africa segna 4 gol, vincendo il trofeo con il suo Camerun. Bissa, con la vittoria dello storico oro olimpico a Sydney, firmando la rimonta col Cile in semifinale e un rigore in finale contro la Spagna di Xavi. Qualche giorno dopo firma uno dei suoi gol più iconici: in rovesciata contro la Francia nella sua Saint-Denis, in amichevole. Non resta in B col Cagliari, e va al Parma, cominciando la sua stagione con una memorabile doppietta al Milan che consegna la vittoria ai ducali. Passa al Sunderland a gennaio, per poi chiudere la carriera in Giappone dopo una parentesi in Libia. Oggi Patrick compie 54 anni: dopo il calcio si è cimentato, con successo, nel ruolo di commentatore televisivo, e come attivista per la protezione degli elefanti africani.
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