Tredicenne costretta dalla madre a fare sesso telefonico con un 52enne: condanne fino a 13 anni

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Giustizia & Impunità

 condanne fino a 13 anni

| 23 Ottobre 2024

Da quando aveva 13 anni era stata costretta a una relazione telefonica con un uomo di 50 anni, con rapporti sessuali a distanza, videochiamate registrate e foto intime. La ragazzina, secondo gli inquirenti, era stata trasformata di fatto in una schiava del sesso dalla stessa madre, all’insaputa del padre.

La giudice del tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano, ha condannato la donna a 13 anni, i giudici hanno dichiarato anche la perdita della responsabilità. Il pedofilo è stato invece condannato a 12 anni. I due imputati rispondevano, l’una, di maltrattamenti in famiglia, l’altro di stalking, e in concorso, di tentata violenza sessuale e pornografia minorile. Nel conteggio della pena, è stata applicata la riduzione di un terzo, in ragione della scelta del rito abbreviato. La giudice ha inoltre disposto il pagamento di una multa di 20mila euro ciascuno e il risarcimento del danno in separata sede alla vittima.

La ragazzina aveva iniziato una relazione sentimentale telefonica, convinta di parlare con un suo coetaneo. In realtà stava parlando con un 52enne di Milano. Dietro, la regia della madre, una donna di 46 anni. La giovane era obbligata a soddisfare tutte le perversioni dell’uomo, ma anche quelle della madre. Quest’ultima assisteva sempre agli atti di autoerotismo che lui richiedeva e suggeriva persino cosa dire per risultare più eccitante.

La madre fotografava anche le parti intime della minore di nascosto e le mandava al 52enne che poi le archiviava sul pc, così come faceva con i filmati registrati durante le videochiamate in cui la minore si mostrava nuda. La ragazza veniva a monitorava anche tramite app installate sul cellulare. Se non rispondeva alle chiamate e ai messaggi, che in soli due mesi sono stati ben 85mila, l’uomo la minacciava, dicendo che avrebbe rivelato la loro relazione al resto della famiglia. Per questo la madre la costringeva anche a compiere gesti autolesionistici così da mandare le ferite all’uomo per dimostrare dispiacere e farsi perdonare.

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