Rivista di politica e cultura
Politica - 8 Novembre 2024
di Savino Balzano
Sia chiaro: noi non abbiamo motivo per esultare della vittoria di Donald Trump, se non ragionando per un attimo su ciò che abbiamo rischiato, ovvero la vittoria di Kamala Harris. Che poi sarebbe stata la vittoria di quelli che tengono i fili di quell’uomo che è l’ombra di se stesso, quell’uomo del quale ancora gli Stati Uniti sfruttano il corpo, le membra (perché di testa e mente non è rimasto nulla), l’attuale Presidente Joe Biden.
Come scrivo da molti mesi e come altri (pochi) hanno avuto il coraggio di sottolineare nell’assordante coro del beota politicamente corretto italiano, il parziale isolazionismo di Trump (evitiamo di essere eccessivamente confidenti sul punto. Cautela: sempre di statunitensi parliamo) potrebbe avvantaggiarci: insomma il rischio di danni nord americani in giro per il mondo si ridimensiona, mettiamola così.
Ma non è di questo che vorrei provare a ragionare: sì, insomma, erano elezioni importanti, ma noi siamo italiani e dobbiamo ragionare degli affari nostri. Delle possibili ricadute, e le abbiamo accennate, e della postura che la nostra politica e la nostra informazione hanno tenuto in occasione di questo importante avvenimento occidentale.
Ebbene, lo dico con franchezza: mi ha colpito molto la disinvoltura di chi ieri mattina era ancora in diretta a commentare l’esito del voto. E mi ha colpito perché si trattava delle stesse persone che sono state in diretta la sera prima, le settimane prima, i mesi prima: le stesse persone che si indignavano se provavi a far notare che Biden appariva totalmente rincoglionito, le medesime che hanno cianciato a lungo dell’ondata blu guidata da Kamala (sempre per nome, mai per cognome: presentata amorevolmente come la Candy Candy americana. Parafrasando scherzosamente il correttissimo Cazzullo, la potremmo definire la Candy Candy nera), del testa a testa avvincentissimo, della rimonta a scapito dello svantaggiato Trump. Gli stessi che, un paio di sere prima del voto, ci raccontavano come Harris fosse venti punti sopra (Sic!) Trump nell’elettorato femminile. Mi ha colpito perché io, in un mondo normale, immagino che se uno per mesi dice delle cose e poi a un certo punto pubblicamente si evince che quelle stesse cose erano farneticazioni allo stato puro, un istante dopo desideri ardentemente sparire, eclissarsi, rintanarsi nella vergogna. E immagino pure, sempre in un mondo normale, che gli ascoltatori non rivolgano più un solo istante di attenzione a coloro i quali hanno fornito certe chiavi di lettura.
Ecco questo credo che come italiani dovrebbe interessarci specificamente: il fatto che la nostra informazione, che è un distillato di propaganda politicamente corretta, non abbia nulla di descrittivo. Essa non racconta il mondo e la realtà per ciò che sono, affiancandoci legittimamente un commento di parte all’italiana: no, nient’affatto, essa è prescrittiva e prova a raccontare il mondo per ciò che dovrebbe essere o, meglio, deve essere secondo quello stesso punto di vista. Questo è ciò che deve preoccupare perché rappresenta un vulnus pericolosissimo per qualsiasi democrazia.
Non c’è limite al senso del ridicolo: ascoltavo ieri sera alcune chiavi di lettura proposte per spiegare (perché questi non vogliono “comprendere”: vogliono proprio “spiegare”, asini e arroganti) il perché della vittoria del Donaldone: la più in voga è quella secondo cui si sarebbe fatto aiutare da Musk che pubblicava fake news. Io allibito: quelli che parlavano del testa a testa e della vittoria di Kamala si lamentano delle fake di Musk e si arrogano anche il diritto di fare fact checking e debunking, gli stessi. Qualcuno ieri sera faceva notare che Trump è anziano: vero, perfettamente vero, ma a sostenerlo è chi vedeva in Biden (più vecchio e decisamente rincitrullito) l’ultima speranza per libertà e democrazia. Ovviamente non poteva mancare la minaccia del rischio della democratura (l’invenzione di questa espressione, brillante per certi versi, ci torturerà per decenni) e l’ostracismo indirizzato agli elettori che hanno scelto un pregiudicato. Nessuna riflessione seria, nessuna autocritica, nessun ragionamento circa il fallimento di una sinistrucola occidentale che da decenni dimostra di non avere nessunissimo interesse nell’aiutare i più fragili, i più deboli, chi non riesce a mettere assieme il pranzo con la cena.
Fortuna che da noi, quella che non avevano visto arrivare ha capito tutto e persevera nella sua rivoluzione di sinistra autentica e battagliera: dopo aver stampato lo sguardo di Berlinguer sulle tessere di partito, si reca a casa di Draghi per chiedere consigli su come uscire dal ghetto delle ztl. Contenti voi, contenti tutti.
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