Il dubbio comincia a farsi strada tra i 4 mila dipendenti del Papa. I timori che in Vaticano si stia preparando un piano di lacrime e sangue per far fronte alla grave situazione finanziaria si sono acuiti dopo la lettera di Papa Francesco ai cardinali di curia con la quale aveva comunicato che a partire dal primo novembre alcune voci dal loro stipendio mensile sarebbero state decurtate. Poche centinaia di euro che certamente non fanno la differenza per livellare il deficit, tuttavia hanno seminato l'allarme tra i lavoratori. «Che sia un’azione preparatoria a ulteriori tagli dei nostri stipendi per coprire il deficit di bilancio della Santa Sede che, a quanto pare, la riforma economica non riesce ad arginare? Ci sono altre categorie che potrebbero essere chiamate a fare questi sacrifici (esempio indennità, affitti e benefit dei dirigenti laici) o aree che possano essere trasformate in fonti di reddito/entrate? Auspichiamo vivamente che siano state già valutate tutte queste possibilità. Possiamo solo fare ipotesi, non avendo ricevuto informazioni in proposito» ha scritto il sindacato vaticano Adlv in una nota, facendosi portavoce della preoccupazione di tutti.
Il sindacato dei lavoratori vaticani si aspetta che il prefetto per l'Economia rispetti i principi di solidarietà, proporzionalità ed equità: «I tagli devono essere proporzionali ai mezzi di tutti e non devono influenzare le famiglie dei dipendenti». Nella lettera anticipata dal Messaggero e inviata ai cardinali si leggeva: «Si tratta di una misura preparatoria per ulteriori tagli ai nostri stipendi al fine di coprire il deficit di bilancio della Santa Sede, che chiaramente non viene frenato dalla riforma economica?».
Le paure dei dipendenti
L'Adlv coglie l'occasione per far presente che gli ultimi tagli agli stipendi nello Stato Pontificio avevano già colpito duramente i dipendenti.
Così scrivono: «A chi fosse distratto ricordiamo che i dipendenti vaticani hanno già dato il loro significativo contributo. Gli stipendi sono stati già tagliati. Nel 2021 è stato infatti sospeso un biennio, con relativi effetti sugli stipendi, sul Tfr e sulla pensione. Un risparmio per le amministrazioni che può superare i 20 mila euro per un dipendente che è a metà carriera, per effetto del trascinamento di questo provvedimento nel corso degli anni. Una cifra non da poco, che rischia di frenare molti progetti di vita. Come ADLV, avevamo chiesto che il taglio del biennio non avesse effetti sulla liquidazione e sull’assegno di quiescenza. Ma l’Associazione non è stata ascoltata».
Nel frattempo, aggiungono i dipendenti, continuano a permanere in vigore (ma non per tutti) le disposizioni restrittive annunciate nel 2014: i passaggi di livello funzionale sono bloccati, le ore di straordinario vengono pagate meno di quelle ordinarie, le assunzioni sono ferme così come la rivalutazione degli stipendi (fermi al 2008). È però «aumentato il precariato dei contratti».
Il sindacato si interroga sull’utilità delle consulenze esterne che sono state assegnate in questi anni. Quali sono i costi? «Quanto esse incidono sul bilancio della Santa Sede? E soprattutto, che cosa hanno davvero prodotto? Quegli studi non potevano esser fatti da personale interno adeguatamente formato?».