Giustizia & Impunità
Ventiquattro ore dopo la morte del ventiseienne del Mali, ucciso domenica mattina un poliziotto davanti alla stazione Porta Nuova di Verona, il nome dell’agente è stato iscritto nel registro degli indagati. L’ipotesi è quella di eccesso colposo di legittima difesa, visto che aveva sparato tre colpi di pistola dopo che il cittadino straniero gli si era avventato contro. A sostenere il fatto che ci si possa trovare di fronte a una reazione giustificata, viste le circostanze, è lo stesso procuratore della Repubblica, Raffaele Tito, il quale però usa molta prudenza e avvisa che le indagini dovranno verificare la proporzionalità della reazione del poliziotto. Quest’ultimo era armato della pistola d’ordinanza, mentre Moussa Diarra impugnava un coltello. Ed è stato Diarra, in evidente stato di alterazione incontrollata, a scagliarsi contro la pattuglia. Inutile, poi, il tentativo di rianimarlo.
Il procuratore Tito ha diramato un comunicato, attento ad abbassare i toni delle polemiche politiche e i proclami da stato di guerra cittadino. “L’episodio non pare collegato ad attività criminose poste in essere dal giovane, poi purtroppo deceduto, ma, anche dalla dinamica che è fin da subito emersa, appare invece essere il frutto di un forte disagio sociale e/o psichico nel quale egli era caduto e che sembrava incontenibile”.
Il magistrato riconduce il fatto all’interno di una manifestazione violenta da parte di una persona sofferente. Per questo avverte: “Non credo che l’episodio possa essere valutato come indice o maggior indice di pericolosità della zona antistante la stazione ferroviaria di Verona, atteso anche il fatto, indiscutibile, che il comportamento aggressivo e apparentemente senza alcun valido movente tenuto dal giovane, prima e durante il tragico evento, era stato da lui iniziato circa due ore prima ed in una zona della città lontana dalla stazione stessa”.
Passando all’ipotesi di reato e alla punibilità dell’agente, Raffaele Tito scrive: “Questo Ufficio ritiene, sotto il profilo strettamente penale, che l’episodio si inserisca certamente in un contesto di legittima difesa posta in essere dall’appartenente alla polizia di Stato, tuttavia le indagini sono adesso orientate a valutare se vi sia stata o meno una condotta colposa. Situazione che si ha quando si ha una reazione di difesa esagerata”. Si tratta della situazione in cui “non c’è volontà di commettere un reato, ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa e offesa configurandosi così una valutazione colposa e sbagliata della reazione difensiva”.
Il poliziotto si è sentito minacciato o ha ritenuto la situazione talmente grave da sparare tre colpi di pistola, prendendo una decisione in pochi attimi. Il procuratore aggiunge: “Con grande lealtà d’animo, forte senso istituzionale e presumibilmente sconvolto dall’evento, l’appartenente alla Polizia di Stato, peraltro persona di grande esperienza, si è reso fin da subito disponibile a rendere, alla presenza del propriodifensore fiduciario e nel rispetto totale delle regole e dei Suoi diritti, interrogatorio avanti al pubblico ministero, prontamente intervenuto”. Durante l’interrogatorio ha ricostruito “dettagliatamente” i fatti.
Il procuratore Tito, confermando la fiducia verso la Polizia, ha delegato alla squadra mobile della Questura gli ulteriori accertamenti investigativi, per ricostruire cosa è accaduto nella notte tra sabato e domenica e “scandagliare vita del povero ragazzo deceduto”. Saranno disposte perizie medico legali e balistiche.
A denunciare il clima di una città violenta sono stati Flavio Tosi, coordinatore regionale di Forza Italia (“Verona insicura, la situazione è degenerata da tempo”), il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Stefano Casali (“Da tempo denunciamo l’insicurezza di tutta la città”) e il consigliere regionale leghista Filippo Rigo (“Verona ostaggio di farabutti armati”).
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