Lavoro & Precari
di Andrea Tundo | 7 Novembre 2024
Il settore freddo e lavaggio sono in perdita sistematica e quindi la “presenza” andrà “ulteriormente valutata” per “evitare altre perdite di cassa”. In altri termini: si valuta un ridimensionamento o la chiusura di tre stabilimenti italiani. Beko Europe – controllata dalla turca Arçelik – gela il governo dopo aver acquisito le attività di Whirlpool in Italia e mette a rischio almeno 1000 posti di lavoro tra i 4.400 dipendenti nel nostro Paese, esclusi gli interinali. In discussione ci sono in particolare gli stabilimenti di Cassinetta di Briandronno, Siena e Comunanza. Anche se i turchi hanno chiarito la loro “volontà di collaborare” con l’esecutivo e i sindacati per “allinearsi sui prossimi passi”.
Le chiusure e i punti interrogativi
L’allusione alle chiusure è tuttavia chiarissima dalla presentazione del piano industriale durante l’incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy con il ministro Adolfo Urso. La prima indiziata, come detto, è la catena del freddo che ha il suo hub italiano a Varese, dove si producono frigoriferi a incasso. Lo stabilimento di Cassinetta di Briandronno, occupa 2.087 persone con circa 800 operai impegnati sui frigo e altri addetti ai forni a incasso e microonde. La preoccupazione è altissima anche per Siena, dove i 300 dipendenti assemblano congelatori a pozzetto, un prodotto in crisi da tempo che ha conosciuto una ripresa minima solo durante gli anni del Covid. Un business, quello della refrigerazione, che l’azienda ha definito “stabilmente in perdita nonostante i massicci investimenti” durante la riunione al ministero. Interrogativi restano aperti anche su Comunanza, nelle Marche, dove i 332 dipendenti si occupano di lavatrici e lavasciuga. Beko ha infatti un sito simile in Romania, aperto nel 2019, e diverse fabbriche in Turchia. La capacità è in “eccesso”, ha spiegato l’azienda, rispetto alla domanda e c’è la “forte concorrenza” dei produttori asiatici.
Era già tutto scritto
Al netto delle difficoltà del mercato, i sindacati avevano lanciato l’allarme quasi un anno fa, quando Arçelik ha chiuso l’accordo con Whirlpool per la nascente Beko Europe poiché era lampante la presenza di stabilimenti “doppioni” che producono prodotti simili a quegli che escono dagli stabilimenti italiani. Non solo: l’intesa prevedeva in chiaro “sinergie” sui costi per oltre 200 milioni di euro. Da qui l’allarme dei metalmeccanici che avevano detto in chiaro come acquisizioni di questo tipo “comportano forti rischi industriali e occupazionali, a causa delle ottimizzazioni dei costi”. La reazione di Urso era stata all’acqua di rose: un incontro al ministero con i vertici europei e mondiali di Beko e l’esercizio di una norma del golden power approvata in Consiglio dei ministri. Tanto blanda che, ad appena sei mesi di distanza dalla sua approvazione, l’azienda la sta già bypassando.
Le altre chiusure
Appena una sessantina di giorni dopo la mossa del governo, del resto, Arçelik aveva messo nero su bianco in una relazione del 30 luglio sul secondo trimestre 2024 che avrebbe lavorato sulla complementarietà e la riduzione degli stabilimenti-fotocopia, annunciando già la riduzione di 2mila impiegati nel triennio e sinergie che avrebbero portato a un impatto da 300 milioni di euro per anno nel prossimo quinquennio. Poi ha subito chiuso due stabilimenti in Polonia e uno in Gran Bretagna spiegando che non erano sostenibili. Adesso tocca all’Italia. Il disimpegno di Whirlpool e i relativi rischi erano chiari già dal 2022 quando la multinazionale statunitense aveva avviato la sua “revisione strategica” e il governo Draghi era rimasto muto per mesi, nonostante le richieste dei sindacati all’allora ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti.
Articolo in aggiornamento