di F. Q. | 30 Ottobre 2024
Bufera in Emilia Romagna, alla vigilia del voto regionale che si terrà il 17 e il 18 novembre, dopo le frasi pronunciate dieci giorni fa dalla senatrice di Forza Italia Stefania Craxi a Bologna, durante la campagna elettorale a sostegno della candidata del centrodestra Elena Ugolini. Craxi ha attaccato duramente la fazione avversa: “Non sono sono competizioni libere, perché questa sinistra controlla il territorio in modo capillare il tessuto produttivo ed economico della regione, con un sistema che non ha niente da invidiare ad alcune organizzazioni del Sud Italia, non dico quali per non beccarmi una querela, ma lo fa anche inoculando la paura nei cittadini“.
Durissima la reazione dei vertici del Pd e del candidato presidente del centrosinistra, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale (“Parole vergognose”). Sarcastica invece la replica che è arrivata ieri da Pier Luigi Bersani al cinema Fulgor di Rimini, in occasione di un incontro per lanciare Emma Petitti, attuale presidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna e candidata capolista per il Pd alle elezioni regionali: “Noi abbiamo il minor tasso di disuguaglianza rispetto alle altre regioni e il record di auto-organizzazione sociale, di volontariato, di espressione auto-organizzata della società. E queste espressioni hanno voce in questa regione. Quindi, quando Stefania Craxi viene qui e dice che abbiamo un controllo capillare del territorio paragonabile a quello che hanno le mafie laggiù, noi chiamiamo il 118“.
Altra bordata ironica di Bersani è riservata alla candidata del centrodestra Ugolini, che ha accusato il suo rivale De Pascale di aver fatto per un anno il bagnino: “Ma io dico: una che vuole prendere un voto in Romagna non ha un altro argomento? Ma roba da matti, stiam fuori come un balcone“.
Tanti gli argomenti toccati dall’ex segretario del Pd: l’inevitabile commento dei risultati del voto ligure e l’analisi della destra di governo. “Bisogna portare la gente a votare a queste elezioni – esorta Bersani – L’astensionismo mi preoccupa un po’, perché chiaramente queste elezioni non hanno i riflettori nazionali. E, poi c’è anche il disamore un po’ in giro. L’aria non si scalda, d’altronde non possiamo augurarci che venga Salvini a suonare i campanelli e a citofonare“.
Poi si sofferma sulle riforme annunciate dal governo Meloni: “Io sono convintissimo da sempre che per la Meloni il tema del governo non è la prima cosa, ma la seconda. La sua priorità è fare la storia, cioè fare la rivincita avendo in mano il governo. E per lei cedere su questo sarebbe un tradimento. Usa termini come ‘infami’. Ricordiamoci cosa disse Antonio Gramsci: quando insorge un problema linguistico, vuol sempre dire che sta insorgendo un problema sociale, culturale, reale. Questa roba di dire ‘infami’ testimonia che sotto la pelle c’è quella roba lì, c’è questa esigenza di rivincita che fa agio su tutto”.
E aggiunge: “Questi non hanno mai avuto intenzione di inchinarsi al 25 aprile, hanno un’altra idea molto precisa: quella di essere a loro volta costituenti, da cui il premierato, l’autonomia differenziato, rivedere i confini con la magistratura, eccetera. Questo non è inchinarsi alla Costituzione, ma è tirare una riga e fare un nuovo inizio. Questo hanno in testa. E sull’autonomia differenziata più fai quelle robe lì, più fai un paese Arlecchino, più ci sarà bisogna di un capo plebiscitato dal popolo – continua – Naturalmente noi sappiamo benissimo che se prendesse piede l’autonomia differenziata così come è scritta, un capo non basterebbe. Ci tocca chiamare Emanuele Filiberto e vedere se ha il numero di telefono di Cavour e di Garibaldi, perché con meno di questo l’Italia non sta insieme”.
Bersani allarma sulla deformazione dello spirito costituzionale attuato dalla destra, paventando anche il rischio di una alterazione della struttura stessa della Costituzione: “Lì dobbiamo andarci cauti, perché gli italiani, a ragione veduta, sulla Costituzione non scherzano. E credo per un motivo molto profondo: non se la sentono alle spalle, la vedono davanti, come una cosa da raggiungere. Ma questo talvolta è smentito, perché da un po’ di anni c’è una parte crescente della popolazione – sottolinea – che vede che la democrazia non le consegna la merce. Non è solo una questione economica, è anche una questione di diritti, è una questione culturale. Adesso, con i meccanismi di oggi, vedo che c’è una parte crescente di popolazione che ha perso il segnale radar: lo vediamo nelle elezioni, nei rapporti con la politica, con i sindacati e così via dicendo, perché effettivamente non gli stiamo consegnando la merce”.
“Per difendere la democrazia e non farla impallidire – avverte l’ex ministro – non basta cercare di bloccare le derive della destra, ma bisogna impugnare il tema sociale, perché altrimenti, ragazzi, gliela vai a raccontare cos’è la democrazia? Ma che cavolo gliene frega? Ci sono situazioni dove non c’è la fiducia che qualcuno possa risolverti qualcosa, è un fatto crescente, che riguarda perfino pezzi del mondo del lavoro. Quindi, è fondamentale impugnare il tema sociale e difendere la Costituzione. E come va difesa? Dicendo che la Costituzione è antifascista? Ma noi cosa intendiamo per Costituzione antifascista? Non abbiamo mai chiarito questo punto“.
Bersani spiega che l’antifascismo della Costituzione non si riduce alla XII disposizione transitoria e finale, che vieta la riorganizzazione del Partito Fascista: “Eh no, la Costituzione è antifascista, in virtù dell’articolo 3 sui diritti, quando dice il diritto alla salute, quando dice un salario per una vita dignitosa, quando dice libertà d’espressione, quando dice discipline e onore. Tutte queste cose sono degli schiaffi al modello fascista, sono l’idea umanistica, universalistica, sociale, liberale contrapposta al meccanismo gerarchico, corporativo, discriminatorio del sistema fascista”.