“Ci hanno tolto pure la dignità, oltre al lavoro, allo stipendio e ai diritti. Così non è possibile andare avanti, le nostre famiglie non ce la fanno più”. Nella giornata dello sciopero del settore automotive e della manifestazione dei metalmeccanici, accanto agli operai Stellantis in corteo a Roma c’erano anche migliaia di lavoratori dell’indotto, anche loro travolti dalla crisi, tra cassa integrazione ormai cronica, esuberi e rischi di licenziamenti collettivi, oltre che riconversioni industriali ancora assenti, in vista della transizione all’elettrico.
Dalla Magneti Marelli di Caivano (Napoli) alla Bosch di Modugno (Bari), passando per la Hi-Lex di Chiavari (Genova), la Proma di Melfi, MA Group di Cassino e non solo, tanti operai hanno lanciato un appello al governo Meloni affinché convochi i vertici di Stellantis a Palazzo Chigi e salvaguardi l’occupazione e i loro posti di lavoro.
“Alla Hi-Lex di Chiavari produciamo alza cristalli elettrici, oggi dipendiamo per l’88% da Stellantis, ma in questi anni abbiamo soltanto perso posti di lavoro. Siamo passati da 250 dipendenti a un centinaio, ora siamo in cassa dal 21 ottobre e rischiamo anche procedure di licenziamento collettivo. Per noi il continuo ricorso alla cassa è un’umiliazione, così non si riesce ad andare a lavorare sereni. Da quanto è nata Stellantis abbiamo conosciuto la vera crisi”, spiega Andrea Cavazza, delegato Fiom.
Non va meglio alla Bosch, dove è la delegata Fim Cisl Samantha Partipilo a sottolineare come anche nell’azienda pugliese, dove “sono già stati annunciati da tempo 700 esuberi”, le conseguenze della crisi di Stellantis si facciano sentire: “Noi siamo loro fornitori, produciamo il common rail, ovvero la pompa diesel, che è proprio la motorizzazione oggi ‘demonizzata’. Sono già 16 anni che soffriamo di ammortizzatori sociali, ora si arriva a lavorare anche soltanto dieci giorni al mese. Chiediamo che Ue e governo diano degli incentivi alle aziende per portare avanti le riconversioni e riqualificare il personale”, spiega.
Situazione simile anche in casa Proma, a Melfi: “Da noi in Basilicata facevamo sedili per la 500X che ora non si produce più. L’elettrico è fermo, così come l’endotermico, è ferma l’Italia. I lavoratori non subiscono soltanto gli effetti della cassa integrazione, ma hanno subito un cambio di contratto. Hanno perso diritti e la retribuzione dei metalmeccanici. Così si perde la dignità, non riusciamo più a vivere. Altro che bonus di Natale del governo Meloni, quella è una mancia. Qui i lavoratori hanno già perso 900euro al mese”, attacca Antonio Labriola, Rsu Fiom Cgil. “Tavares dichiara una responsabilità d’impresa, ma non sta facendo nulla. Anzi, Stellantis strozza queste aziende con continue richieste di sconti, impone riduzioni delle commesse, forza queste aziende a spostarsi nell’est Europa o nel Nord Africa, così la situazione diventa insostenibile”, sottolinea Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom Cgil.
“Non c’è giorno che passa in cui un nuovo stabilimento della componentistica Stellantis non sia interessato da domanda di cassa integrazione. Lavoratori che non hanno spesso neanche visibilità. Chiediamo al governo un provvedimento straordinario, perché se perdiamo la struttura dell’automotive perdiamo l’industria del Paese, e non possiamo permettercelo. Oggi i metalmeccanici non scioperano soltanto per loro, ma per il futuro dell’Italia”, rivendica pure il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma.
Il lavoro è ormai ridotto al minimo in quasi tutte le aziende dell’indotto Stellantis, in tutto il Paese: “Anche alla MA di Cassino soffriamo, lavoriamo due o tre giorni alla settimana, questo significa perdita di ore, di salario”, c’è chi spiega. Altri denunciano: “Ormai aspettiamo soltanto di essere licenziati”. Mentre da Caivano sono i lavoratori Marelli a denunciare: “Senza riconversione industriale, noi che produciamo sistemi di scarico, siamo destinati a scomparire. Ma ancora non conosciamo nulla del nostro futuro. Ho superato i 50 anni, dove potrò trovare un nuovo lavoro a Napoli?”. Non è l’unico ad aver perso o quasi la speranza. Perché il destino è comune, dagli stabilimenti Stellantis a quelli dell’indotto, come denunciano da Pomigliano fino alle carrozzerie di Mirafiori. “Lavoro in catena di montaggio da 27 anni,da 18 sono in cassa integrazione, alternata a periodi di lavoro. Non può diventare uno stile di vita. Continuano a dirci che arriveranno modelli, ma continuiamo a vedere solo cassa. Non ce la facciamo più”, è il grido d’aiuto lanciato dalla piazza.