L’assemblea di Confindustria Assoimmobiliare delinea le strategie per lo sviluppo del real estate in Italia
Per fare fronte alle nuove esigenze abitative, si stima che nei prossimi 25 anni dovranno essere realizzate in Italia circa 3,65 milioni di nuove abitazioni, frutto in larga parte di trasformazioni e riconversioni di edifici esistenti, concentrate nelle principali aree metropolitane della Penisola. È quanto emerge dai dati diffusi durante l’assemblea di Confindustria Assoimmobiliare. Saranno necessari oltre 1.000 miliardi di euro di investimenti in costruzioni, anche per adeguare il nostro patrimonio immobiliare alla «transizione green» a cui potranno aggiungersi 4,2 miliardi all’anno per la successiva manutenzione delle strutture.
Tra gli ambiti nei quali aumenterà in Italia la richiesta di nuove abitazioni vi sono il settore delle case per studenti, dove l’Italia presenta interessanti opportunità in città come Firenze, Bologna, Torino e Padova e dove i principali sviluppatori sono già attivi da anni. Le realtà più piccole con 15.000-45.000 studenti offrono un potenziale significativo per gli investitori, a causa della carenza di posti letto e della limitata disponibilità di strutture moderne. Maggiori possibilità di investimento per il risparmio privato, soprattutto domestico, potrebbero essere in grado di favorire la crescita dei mercati regionali. Ad oggi, il mercato dei capitali istituzionali nel real estate è molto ridotto se paragonato a quello dei principali Paesi europei. Lo stock immobiliare non residenziale italiano ammonta a circa 780 miliardi di euro, ma solo il 17% di questo è detenuto da investitori istituzionali, contro il 43% in Francia e il 52% in Gran Bretagna. Questo divario si riflette anche nei volumi di investimento, che in Italia, negli ultimi cinque anni, si sono attestati in media su 10-12 miliardi di euro all’anno, una cifra significativamente inferiore di almeno 5 volte rispetto a Germania, Francia o UK.
«Negli ultimi due anni, tra crisi geopolitiche, inflazione e tensioni sui costi delle materie prime, l’industria immobiliare ha dimostrato una straordinaria capacità di resilienza, rimanendo uno dei pilastri fondamentali della crescita a livello nazionale. Una crescita che non si misura solo nella sua dimensione economica, ma anche nel suo contributo alla creazione di valore sociale». Con queste parole, il presidente Davide Albertini Petroni ha aperto la sua relazione. «Alla base della resilienza dell’industria immobiliare c’è la sua capacità di attenzione alle dinamiche collettive di lungo periodo, ai cambiamenti demografici, alle sfide climatiche», ha sottolineato il presidente. «La nostra industria è capace di adattarsi alle nuove esigenze sociali, che oggi sono prioritariamente, da un lato, la crescente domanda di abitazioni in locazione e in vendita di qualità, energeticamente efficienti e a prezzi accessibili per tutte le fasce di reddito e di età e, dall’altro lato, la rigenerazione profonda delle aree maggiormente vetuste e degradate delle nostre città, per renderle più moderne, inclusive, ricche di servizi e sicure», ha aggiunto. Nella sua relazione il presidente Albertini Petroni ha dichiarato apprezzamento per le iniziative intraprese dal Governo per le politiche abitative, quali il Piano Casa nazionale su cui è al lavoro il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.
Albertini Petroni ha sottolineato come qualunque piano abitativo o rigenerazione urbana di larga scala richieda la compartecipazione finanziaria dei capitali privati, in particolare quelli degli investitori istituzionali (Fondi di investimento, Società Immobiliari Quotate, Sicaf, compagnie assicurative, fondi pensione, casse di previdenza, fondazioni bancarie) capaci di raccogliere dal mercato e mettere a terra capitali ingenti. «Per assicurare la loro compartecipazione è necessario rimuovere alcuni disincentivi normativi e di natura tributaria che oggi rendono poco attrattivo per tali soggetti l’investimento nel comparto residenziale, consentendo una migliore regolamentazione economica e finanziaria del mercato. Abbiamo già avuto modo di illustrare alcune proposte di riforma al ministro dell’Economia Giorgetti. Dobbiamo creare un mercato immobiliare più robusto, trasparente e allineato alle più efficienti prassi normative europee, con un maggior numero di strumenti finanziari a disposizione degli investitori, competitivo nell’attrarre capitali sia istituzionali sia retail, e capace di mobilitare anche il risparmio privato italiano».
In occasione dell’assemblea è stata presentata un’indagine dalla quale emerge che per la maggioranza degli italiani la rigenerazione urbana deve essere obiettivo prioritario dei grandi investimenti e progetti immobiliari. Il 67% della popolazione ritiene necessarie iniziative volte al recupero dei quartieri degradati, il 49% pensa sia essenziale riconvertire edifici industriali dismessi e il 33% considera imprescindibile la costruzione di studentati universitari.
In particolare, a Milano il 72% della popolazione giudica positivamente gli investimenti immobiliari, contro una media nazionale che si ferma al 63% Nel capoluogo lombardo le grandi iniziative immobiliari sono considerate un processo win-win per tutti gli attori in gioco: per l’82% portano benefici a chi apre attività commerciali o imprese nei nuovi spazi, per l’81% allo
Stato e all’Agenzia delle Entrate, per il 73% a coloro che acquistano le abitazioni e per il 70% agli altri abitanti del quartiere. Percentuali in alcuni casi superiori anche del 10% rispetto alla media nazionale.