I missili del Giappone che spaventano la Cina: alta tensione nell'Indo-Pacifico

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L'obiettivo di Tokyo è chiaro: contrastare le ambizioni regionali della Cina e, al tempo stesso, rafforzare il controllo sulle acque contese affidandosi ai missili

 alta tensione nell'Indo-Pacifico

Il Giappone sta potenziando la sua difesa con un nuovo potente missile antinave. L'obiettivo di Tokyo è chiaro: contrastare le ambizioni regionali della Cina e, al tempo stesso, rafforzare il controllo sulle acque contese affidandosi ai missili. Il Paese nipponico, al netto dell'incertezza politica interna che sta affrontando, deve però fare i conti con sfide tecniche e con l'incognita delle elezioni americane che potrebbero modificare sostanzialmente la sua alleanza con gli Stati Uniti. Kawasaki Heavy Industries (KHI) sta lavorando ad un jolly militare che dovrebbe testare nell'anno fiscale 2027. La strada, per il Giappone, è dunque tracciata ma la leadership nipponica - qualunque essa sarà - dovrà rivelarsi capace di rimuovere ogni eventuale ostacolo alla riuscita del progetto...

Il missile del Giappone

Secondo quanto riportato dal sito Naval News, il missile, noto come "nuovo missile antinave per la difesa delle isole remote", rientrerebbe in una strategia più ampia del Giappone (Defense Buildup Program) volta a sviluppare missili standoff, in un contesto di crescenti tensioni relative alle contese isole Senkaku. Da quel poco che sappiamo, il missile in questione sarebbe dotato di un motore a basso consumo di carburante di KHI, il KJ300, e sarebbe progettato per essere lanciato al di fuori del raggio di minaccia del nemico. Si parla, poi, di una gittata massima di 2.500 chilometri e dunque di una capacità di raggiungere l'entroterra della Cina dal Giappone occidentale.

Asia Times ha scritto che lo sviluppo di successo del citato missile consentirà al Giappone di migliorare la sua capacità di colpire obiettivi a lunga distanza, nonché di rafforzare la sua difesa sulle isole remote e "proiettare potenza" all'interno della regione (fino all'entroterra della Cina). Le citate e contese isole Nansei/Ryukyu rivestono tra l'altro un enorme valore strategico militare per Pechino e Tokyo, fungendo da potenziali punti critici per la logistica e la difesa di entrambi gli attori.

Queste isole sono infatti fondamentali per la Cina per sfondare la First Island Chain, essenziale per le operazioni navali del Dragone e un potenziale blocco di Taiwan. Al contrario, il Giappone le considera una barriera difensiva contro l'espansione cinese, oltre che un punto di appoggio da aggiungere al suo "muro insulare" di sistemi missilistici avanzati.

Le sfide militari e diplomatiche di Tokyo

L'ambizioso programma di sviluppo missilistico del Giappone richiede investimenti significativi nelle capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione, e nelle contromisure di penetrazione missilistica. Tokyo deve poi fronteggiare sfide tecniche non trascurabili. Per esempio, l'estensione della gittata dei missili nipponici – spiegano gli esperti - richiede un collegamento dati per aggiornamenti in tempo reale sui bersagli, mentre le testate attuali usate dal Paese risulterebbero inadeguate per danneggiare obiettivi rinforzati. Per colpire "minacce dinamiche" come i lanciamissili mobili, servirebbero poi sistemi di puntamento avanzati e collegamenti dati bidirezionali.

Tokyo ha tempo per aggiustare tutti questi punti, ma la sua riuscita dipende da come si risolverà la crisi politica interna e chi vincerà le imminenti elezioni americane.

Già, perché un pilastro fondamentale della deterrenza nipponica si basa sull'alleanza con gli Stati Uniti. Nel caso in cui Donald Trump dovesse tornare alla Casa Bianca, il tycoon potrebbe mettere in discussione i rapporti tra i due Paesi.

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