Il Dl Paesi sicuri diventa un emendamento al Dl Flussi. Il ministro Ciriani: “Misure affini”. Boccia (Pd): “Presa in giro al Parlamento”

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Politica

 “Presa in giro al Parlamento”

| 30 Ottobre 2024

Per la maggioranza sono provvedimenti affini, per l’opposizione è il classico gioco delle tre carte. Oggetto del contendere è l’ex dl Paesi sicuri, quello bocciato dai giudici di Roma e poi inviato alla Corte di Giustizia Ue dai giudici di Bologna. Oggi la mossa della destra: quel decreto, in esame al Senato, confluirà in un emendamento al dl Flussi che sarà in esame in Aula alla Camera il prossimo 21 novembre. La decisione è stata comunicata nella odierna conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Per l’opposizione non ci sono dubbi: si tratta di un sotterfugio.

Accuse a distanza tra Boccia e Ciriani – Pesanti le accuse di Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato, all’uscita da Palazzo Madama: “Ogni volta che la magistratura fa una cosa in linea con lo stato di diritto, il governo reagisce mettendo la museruola. Ora anche al Parlamento”. Alla domanda se sull’eventuale scelta del governo possa incidere l’iniziativa del tribunale di Bologna di interpellare la Corte di giustizia europea sul caso del rimpatrio di un migrante, Boccia ha risposto: “Temo tanto di sì”. Il senatore ha aggiunto: “In maniera unitaria abbiamo chiesto, nella conferenza dei capigruppo, che si facciano subito le audizioni sul decreto Paesi sicuri perché chi ha un ruolo in questa vicenda, dagli enti locali alle reti del terzo settore, deve venire in Parlamento e dirci cosa pensa di questa iniziativa del governo. Oltre ad altri poteri dello Stato, ai quali si sta cercando di mettere una museruola. Mi pare evidente il tentativo di aggirare anche il tribunale di Bologna“. Non è dello stesso parere, ovviamente, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani: “Dopo aver ovviamente avvisato tutte le parti interessate, abbiamo preferito rinunciare alla conversione del decreto legge Paesi sicuri in Senato e presentare al decreto flussi, in esame alla Camera, un emendamento in cui confluiscono i contenuti del decreto stesso. La decisione – ha detto l’esponente di Fratelli d’Italia – non vuole assolutamente ledere le prerogative parlamentari, ma essendo i due provvedimenti affini per materia e strettamente connessi tra di loro, riteniamo per questo opportuno che vengano esaminati insieme“. Una ricostruzione che ha mandato su tutte le furie Boccia: “Le parole del ministro Ciriani sono una presa in giro al Parlamento. In questo modo la destra e il governo chiudono la bocca alle opposizioni e – ha continuato – a chi, audito come prevedono le regole parlamentari, poteva esprimere un giudizio di merito sul provvedimento, alla magistratura che a quel decreto ha posto una serie di rilevi. Siamo di fronte all’ennesima forzatura delle regole – ha concluso – e all’umiliazione del Parlamento per un decreto che è solo l’ennesima bandiera di propaganda di questo governo“.

Cosa cambia ora? Lo spiega il Pd – A spiegare nei dettagli come cambia l’iter procedurale e cosa vuol dire in termini di strategia politica ci ha pensato il senatore dem Dario Parrini: “Ma è chiara la violenza procedurale appena consumata dal governo in Commissione Affari Costituzionali sul decreto Paesi sicuri?” si è chiesto l’esponente del Pd, che poi è passato alla narrazione dell’accaduto: “Il Governo comunica la rinuncia a insistere per l’esame del disegno di legge di conversione del decreto Paesi Sicuri pubblicato il 23 ottobre e da convertire entro il 22 dicembre per trasformarlo in un emendamento ad un altro provvedimento, il decreto flussi pubblicato l’11 ottobre e da convertire entro il 10 dicembre, il cui ddl di conversione è corso di esame alla Camera“. Per Parrini “è palese che è un modo gravissimo e fortemente sospettabile di illegittimità costituzionale – visto che l’articolo 77 della Costituzione garantisce al Parlamento 60 giorni di tempo per convertire i decreti – per ridurre il tempo a disposizione del Parlamento per la conversione dei decreti legge. È un modo per mortificare il Parlamento – ha aggiunto – Cioè per non fare audizioni. E per umiliare il Senato. E per impedire esame approfondito di un provvedimento scomodo“. E ancora: “Se si legge l’ordinanza n.17 del 2019 della Corte Costituzionale – ha sottolineato – è anche evidente che siamo di fronte a una violazione macroscopica delle attribuzioni costituzionali dei singoli parlamentari, il cui diritto ad avere tempo adeguato per esaminare i provvedimenti è violato da questo trucco procedurale. L’argomento che ci sono precedenti è ridicolo – ha concluso – perché qui siamo a inizio dei 60 giorni e non alla fine”.

La Corte Ue – Nel frattempo oggi la Corte di giustizia dell’Unione europea ha confermato la ricezione dell’atto presentato dal Tribunale di Bologna riguardo al decreto del governo sui Paesi sicuri, in cui si chiede quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti Paesi sicuri e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria. La causa, secondo fonti del tribunale dell’Ue, è già stata protocollata con il numero C-750/24 ed è stato avviato l’iter di analisi della richiesta.

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