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Come definireste un’elezione in cui i vincitori sono già tutti annunciati perché ci sono solo candidati unici, la votazione avviene per alzata di mano palese senza identificare gli aventi diritto, e i partecipanti ricevono pure un pallone omaggio? State attenti a calibrare le parole, però: potreste beccarvi un bel deferimento. Quanto successo nel Comitato Regionale Puglia è una piccola storia locale, però emblematica di come funziona la repressione del dissenso nel mondo del pallone e più in generale dello sport italiano. Giulio Destratis, avvocato attivo a livello dilettantistico, è stato perseguito dagli organi di giustizia sportivi per aver osato definire “una farsa” l’assemblea del CR Puglia, che ha rieletto per l’ennesima volta lo storico ras, Vito Tisci, da esattamente 20 anni a capo del Comitato regionale, oltre che presidente del Settore Giovanile della FederCalcio al fianco di Gravina.
In un articolo pubblicato sul sito Tuttocampo, Destratis si era limitato a denunciare alcune storture che hanno caratterizzato l’elezione locale in Puglia. Ad esempio, la variazione delle regole in tema di mandati e designazioni poco prima dell’assemblea, i termini estremamente ristretti per la presentazione delle candidature, oppure l’iniziativa di consegnare due palloni personalizzati col marchio LND a tutte le società, con l’intento piuttosto smaccato di incentivare la partecipazione necessaria a raggiungere il quorum per la rielezione. Con sfaccettature diverse, sono le solite dinamiche che in questi mesi abbiamo visto ripetersi uguali a se stesse in tutte le discipline, leghe, federazioni di un movimento irriformabile, governato sempre dai soliti noti. Pure nel Comitato pugliese, come altrove, le candidature uniche hanno trasformato una celebrazione apparentemente democratica in un rito stanco e scontato, come il nome dei vincitori. Per questo Destratis aveva scritto: “Anche in Puglia inizia la farsa”. Non l’avesse mai fatto.
Denunciato dallo stesso Tisci, che si è sentito leso nell’onore suo e del Comitato, è stato indagato e deferito dalla Procura Figc, sempre così solerte quando si tratta di perseguire chi mette in discussione il sistema. La Procura gli ha contestato addirittura l’art. 4 del Codice di giustizia sportiva, cioè il rispetto dei principi di lealtà. Stavolta, però, persino il tribunale federale (che di solito non brilla proprio per indipendenza) ha dovuto riconoscere l’assurdità delle accuse. Pur puntualizzando che i provvedimenti adottati dal CR Puglia fossero tutti legittimi (le regole d’altra parte i potenti dello sport se le cuciono su misura) e che “l’esito delle elezioni è stato il frutto delle libere scelte democratiche delle società aventi diritto al voto e non certo di un’imposizione”, i giudici hanno stabilito che la parola “farsa” usata in senso figurativo, in relazione al procedimento elettorale, “non sembra assumere quella valenza offensiva né degli Organi interessati né dei soggetti partecipanti che gli viene attribuita”, ma è soltanto “una libera espressione critica”. Nel calcio italiano però la Procura spreca il suo tempo a perseguire chi dissente. Questa sì che è una farsa, se si può dire.