La democrazia entra in crisi quando vengono negate e proibite le libertà sulle quali essa poggia. Una di queste è pure quella di non votare
Caro Vittorio, mi piacerebbe avere una tua opinione in merito ai dati dei non votanti nelle ultime tornate elettorali. Discutendo tra amici, ho avanzato la seguente proposta (che ovviamente dovrà essere supportata in Parlamento). Chi si reca al seggio dimostra di apprezzare di vivere in un sistema democratico e di esprimere una preferenza in merito alle proprie idee e convinzioni nel costruire una società civile e dialogante. Ebbene, ognuno riceve una attestazione di voto che certifica la presenza al seggio. Chi decide di non andarci è libero di farlo, però non ha diritto di fruire di alcun beneficio, non avendo partecipato alla consultazione, e dunque accetta ciò che il governo in carica dispone secondo il dibattito parlamentare. Per me non avrebbe diritto a partecipare a concorsi pubblici, agevolazioni varie, se non presenta il certificato elettorale. Non sei d'accordo sulle proposte dei programmi dei partiti o degli schieramenti politici? Vai al seggio e vota scheda bianca, così dimostri la tua insoddisfazione ai programmi che i politici hanno proposto. Credo che tutto ciò sia una utopia ma è sicuramente una via democratica per mantenere il sistema. Cordialmente e con tanta simpatia.
Ivano Zerbi
Caro Ivano,
perdonami per la brutalità, ma la tua proposta non ha proprio un bel niente di democratico. In pratica, tu affermi che sarebbe giusto, dunque legittimo, spogliare di alcuni diritti coloro che non esercitano quello di voto, certificandoli quali cittadini di serie B. In democrazia essi, tuttavia, proprio come sono liberi di votare sono parimenti liberi di non votare. Punirli, sanzionarli, penalizzarli in quanto non hanno adoperato una facoltà sarebbe illiberale e trasformerebbe in maniera automatica la democrazia in regime che, mediante la coercizione, spinge, anzi obbliga, sotto la minaccia della esclusione dal godimento di vantaggi specifici e possibilità lavorative, il cittadino a comportarsi come tu reputi moralmente doveroso che egli si comporti. Insomma, è lo stesso principio del green pass di pandemica memoria: puoi non vaccinarti, ma, se non ti vaccini, ti tolgo le libertà essenziali, incluse quelle inviolabili. Illustri giuristi hanno manifestato perplessità e preoccupazione riguardo questa scelta e questo atteggiamento. Per tutelare la democrazia, per curarla, serve davvero fustigarla, amputarla, negarla o adottare metodi violenti? Assolutamente no, anzi questo approccio sarebbe controproducente.
I dati sull'astensionismo, in effetti, deludono e preoccupano, ma non per la tenuta della democrazia, che funziona lo stesso, te lo garantisco, considerato che il voto è valido comunque, anche se non ci si esprime in massa. Preoccupa il disimpegno che colpisce l'intera società, giovani e meno giovani, uomini e donne, i quali evidentemente ritengono che recarsi alle urne sia inutile, ossia che nulla cambierebbe, che le cose peggio di così non potrebbero andare e neppure meglio di così potrebbero andare. Non si ha voglia di uscire di casa per consegnare la propria preferenza, si predilige stare sul divano o fare qualsiasi altra cosa. Queste sono le nostre conclusioni. Eppure potremmo anche ipotizzare che i cittadini non vadano a votare non per malcontento né per pigrizia né per disinteresse verso la cosa pubblica, ma perché stanno bene come stanno. Molti politologi hanno messo in luce che è proprio nelle democrazie consolidate che la partecipazione elettorale registra da anni un calo, tanto che i livelli di partecipazione del dopoguerra, quando eravamo reduci della dittatura e la libertà era stata duramente conquistata, non sono mai più stati raggiunti.
Quindi l'astensionismo potrebbe essere letto e tradotto anche non come disimpegno, avversione per la politica, disgusto, ma come partecipazione in negativo, ossia come protesta rabbiosa ma silenziosa, se non addirittura - paradosso - come conferma che il cittadino si sente garantito e non teme che democrazia e libertà gli vengano sottratti, li considera beni consolidati, quantunque è necessario che ricordiamo che vanno sempre difesi.
Insomma, l'astensionismo per me è un brutto affare, sia chiaro. Sarebbe meglio se la gente votasse, ma non credo che, se non lo fa, questo sia un dramma. E soprattutto, Ivano, sono convinto che nessuno abbia il diritto di penalizzare colui che deliberatamente, potendolo fare, decide di non recarsi ai seggi, accettando in questo modo implicitamente quello che altri cittadini preferiranno, ovvero sottomettendosi alla volontà di questi ultimi.
Sarà allora interesse dei partiti persuadere gli astenuti, convincerli, rendersi credibili ai loro occhi, sedurli mediante una valida proposta politica, allo scopo di recuperare consenso e portare acqua al proprio mulino.
L'astensionismo faccia riflettere
sull'appeal in diminuzione dei partiti politici e non sulla crisi della democrazia. La democrazia entra in crisi quando vengono negate e proibite le libertà sulle quali essa poggia. Una di queste è pure quella di non votare.