Il sereno (politico), nel palazzo dell'Europarlamento, si era materializzato nel tardo pomeriggio mentre fuori cominciavano a cadere i primi fiocchi di neve della stagione. Ed è stato confermato poco prima delle 23, con il sì a tutti i commissari-designati. Con un'accelerazione dopo una settimana di ultimatum, veti incrociati, strappi e tentativi di ricucitura, la euro-maggioranza popolari-socialisti-liberali ha siglato una tregua che ha le forme di un succinto "patto di legislatura" di neppure due pagine. È stato l'asso tirato fuori dalla manica, nell'ora più nera dei rapporti tra Ppe e S&D, nel tentativo di superare lo stallo sui sei vicepresidenti esecutivi della Commissione (con compiti di coordinamento), tra cui l'italiano Raffaele Fitto (Coesione e Riforme) e la spagnola Teresa Ribera (Concorrenza e Transizione), e sull'unico commissario semplice rimasto in sospeso, l'ungherese Olivér Várhelyi (Salute).
A tarda sera, dopo una convocazione-lampo dei capigruppo chiamati a esprimersi con la super-maggioranza dei due terzi, è arrivato l'ok dei capigruppo prima ai due pesi massimi dei liberali, il francese Stéphane Séjourné (Industria) e la estone Kaja Kallas (Esteri), ma anche alla popolare finlandese Henna Virkkunen (Tech) e alla socialista rumena Roxana Minzatu (Lavoro), quattro delle sei caselle di vice; insieme a loro, ritrova la strada dell'esecutivo Ue pure l'orbániano Varhelyi, ma perde ampi pezzi di delega sui temi relativi alle crisi sanitarie, alla salute riproduttiva, alla salute mentale e alla resistenza antimicrobica. A riportare le lancette indietro e allungare il calvario di Fitto e Ribera, su cui si era incartata tutta la trattativa politica, però, ci hanno pensato nuovi intoppi dell'ultimo minuto. In particolare, la sospensione delle sedute per chiedere ai servizi giuridici di mettere a punto una formula che inchioderebbe la vicepremier uscente di Madrid (comparsa ieri davanti al Congresso spagnolo) alla necessità di dimettersi dal ruolo nel caso in cui dovessero essere formalizzate nei suoi confronti delle accuse precise relative alla responsabilità nell'alluvione di Valencia che, a fine ottobre, ha fatto oltre 220 morti. A non indietreggiare sul punto, e a riaprire il braccio di ferro che ha - di conseguenza - preso in ostaggio pure il sì a Fitto, era stato proprio il centrodestra spagnolo, forzando la linea di tutto il Ppe. Il superamento dello stallo al fotofinish è arrivato mettendo per l'appunto nero su bianco nelle lettere di valutazione delle dichiarazioni puntuali: socialisti e liberali, dopo il sì a Fitto, hanno chiesto di inserire una formula per dissociarsi dall'attribuzione della vicepresidenza.
Nel pomeriggio c'era stato il ritorno alla casella di partenza, cioè il sì a tutti in nome della logica a pacchetto, con l'Eurocamera per la prima volta in 20 anni (dai tempi dello stop a Rocco Buttiglione) rinuncia a far saltare la testa di almeno un aspirante commissario (nel 2019 furono tre).
Un copione diverso (e un'ipotetica bocciatura di anche solo una candidatura) avrebbero fatto saltare il tavolo e rinviato al nuovo anno l'entrata in funzione dell'esecutivo bis a guida Ursula von der Leyen. Così, invece, il 1° dicembre (è una domenica, ma a Bruxelles c'è chi dà conto delle manovre per far sì che le porte di palazzo Berlaymont si aprano comunque), la tedesca potrà inaugurare la nuova Commissione, a forte prevalenza di esponenti del suo Ppe (sono 15 su 27). «Delusi» i verdi, che pure a luglio avevano garantito la loro cinquantina di sì per il bis di von der Leyen: contrari alla ritrovata convergenza tra i tre pilastri della maggioranza Ue, gli ecologisti hanno confermato il no a Fitto a Várhelyi. E decideranno «lunedì» il loro voto finale sull'intera Commissione (dove non ci sono esponenti verdi): «Al momento, l'umore non è positivo». L'ultimo passaggio della (lunga) procedura è, infatti, in calendario tra meno di una settimana, mercoledì 27 novembre. A Strasburgo, la plenaria dell'Eurocamera sarà chiamata a votare per approvare l'intero collegio dei commissari con la maggioranza semplice dei deputati. Quattro mesi fa, i verdi avevano fatto da scudo agli agguati dei franchi tiratori interni alla coalizione; agguati che dovrebbero ripetersi (paradossalmente persino accresciuti) stavolta, con i popolari spagnoli determinati a far pesare nello scrutinio palese il loro deciso no a Ribera (e, di conseguenza, a von der Leyen) e i socialisti francesi, tedeschi, austriaci e olandesi a negare il sostegno per protestare contro il mantenimento del titolo di vicepresidente esecutivo per Fitto (un dato politico su cui von der Leyen non ha fatto mai passi indietro, decisa a dare un ruolo di peso all'Italia), e questo perché i conservatori dell'Ecr non fanno parte della euro-maggioranza mentre la casella equivarrebbe ad aprire il perimetro della coalizione a destra. Proprio da quella parte politica, però, dovrebbero arrivare in soccorso i voti degli eletti di Fratelli d'Italia (portandosi dietro pezzi dell'Ecr, dai belgi ai cechi). E qualche sorpresa, ora che anche Viktor Orbán ha messo in salvo la sua casella, potrebbe persino arrivare dagli ungheresi di Fidesz, che siedono tra i banchi dei Patrioti.