L’aggettivo «anomale» alimenta il giallo di un suicidio a cui i parenti continuano a non credere. Le modalità con cui Larimar Annaloro due settimane fa si è tolta la vita a soli 15 anni, impiccandosi nel giardino di casa a Piazza Armerina, in provincia di Enna, non convincono del tutto gli investigatori. Serve cautela, ma quel «me l’hanno uccisa» urlato dalla madre subito dopo avere trovato il cadavere della figlia non viene sottovalutato.
LA POSSIBILE RICOSTRUZIONE
Larimar – papà siciliano e mamma cubana – si è impiccata con la corda dell'altalena. La madre, rientrata a casa dopo avere sbrigato delle faccende, l’ha liberata nel tentativo disperato di farle riprendere conoscenza. Il medico legale che ha eseguito l’autopsia ha riscontrato che la ragazzina si è legata i piedi con la corda facendola poi passare dalla pancia e stringendola attorno al collo. Infine, dopo averla legata ad un albero, si è impiccata lasciandosi cadere. È stata la madre a descrivere la scena: «Era in ginocchio, con doppia corda al collo, ma non legata. Era come se lei dormisse appoggiata alla corda. Ho tirato su mia figlia e ho chiesto a Dio di darmi la forza per tirarla su perché ero convinta che fosse ancora viva, invece era già morta. Quando l’ho tirata su, era ancora un po’ calda, perciò ho pensato fosse ancora viva. Continuavo a darle aria. Sono stati i momenti più lunghi della mia vita».
Sono tre le anomalie. L’osso cervicale era intatto, ma potrebbe dipendere dalla pressione esercitata dal corpo durante la caduta. Larimar aveva le mani libere e non sono stati trovati segni. Una delle reazioni istintive dei sucidi è quella di tentare di liberarsi dalla morsa della corda. Dita e unghia di Larimar, invece, non presenterebbero segni. Infine, nonostante l'albero si trovi in mezzo al terreno, le scarpe della ragazzina sono pulite. Stranamente pulite visto che come racconta la mamma per raggiungere il posto dove è stata trovata morta bisogna pure andare «giù nella pineta. Là, c’è un’amaca dove andava a studiare e rilassarsi». Le indagini non si sono mai fermate. La Procura dei minori di Caltanissetta, che ipotizza l’istigazione al suicidio, continua a scandagliare un torbido contesto ambientale segnato da liti fra coetanei, chiacchiericcio malsano e ricatti sessuali. È stato disposto il sequestro dei telefonini di otto ragazzi, conoscenti e compagni di scuola della vittima. Dall’istante successivo al ritrovamento del corpo si è iniziato a parlare di foto e video intime e del timore in Larimar che qualcuno potesse diffonderli. Dalle indagini è emerso che la mattina del decesso Larimar aveva avuto una lite con una coetanea. Una questione legata ad un ragazzo conteso, coinvolto nella discussione e costretto a confessare la relazione pubblicamente.
LO SVILUPPO
Anche la famiglia Annaloro si sta muovendo. Si è affidata all’avvocato Milena Ruffini che sta svolgendo delle indagini difensive e nei giorni scorsi ha chiesto ufficialmente un incontro alla preside della scuola delle due studentesse senza avere risposta. «Stiamo compiendo accertamenti su quanto acquisito, solo a quel punto decideremo se procedere con una denuncia», ha fatto sapere. Il giorno della lite a scuola Larimar si è sentita male e i genitori sono andati a prenderla prima della fine delle lezioni. «È successa una brutta cosa», avrebbe detto. Poi, il silenzio. Nulla che facesse pensare al suicidio messo in atto nei 45 minuti successivi in cui è rimasta da sola in casa. «Impossibile collegare un suicidio per il tipo che era mia figlia. Era brava a scuola, brava nello sport, molto socievole, molto solare, molto bella. Era di sani principi, sempre piena di vita», ha raccontato il padre, alla trasmissione Cartabianca. La sera prima di uccidersi progettavano di fare un viaggio in famiglia. All’indomani – ha raccontato la mamma – «ho visto che la porta di casa era aperta. Siamo andati su, in camera di Larimar, ed era tutto sottosopra. Al mattino, aveva fatto tardi: non era suonata la sveglia e non aveva rifatto il letto. Ma la sua stanza non l’aveva lasciata così. Non c’era il letto fatto, ma non c’erano tutti i vestiti sottosopra. Mi viene l’ansia. Comincio a chiamarla e vado giù alla pineta. Là, c’era un’amaca dove andava a studiare e rilassarsi. Quando arrivo la trovo in ginocchio, impiccata, mia figlia». Un suicidio, forse per il peso di una gogna insopportabile, ma le cui modalità vengono definite anomale.