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Se tutto andrà in porto il vero valore della manovra sarà quello non scritto dello spread basso. Che comunque significa fiducia
14 ottobre 2024
2' di lettura
Se non fosse che è accompagnata da un alone fuori misura di polemica politica, la manovra per il 2025 che sta mettendo a punto Giancarlo Giorgetti sarebbe un esercizio non di ordinaria amministrazione ma certo meno ansiogeno.
L’entità sarà di 25 miliardi e il grosso servirà a finanziare in modo definitivo il taglio ai contribuiti per i lavoratori con redditi fino a 40mila euro (non più 35mila) in modo da aumentare i salari reali. Un’operazione che passerà anche dalla conferma della revisione delle aliquote Irpef sempre per i redditi più bassi.
Costo totale 14 miliardi.
Si cercano soldi in più per la sanità che dovrebbe arrivare a oltre 7 miliardi di finanziamento finale.
Qualche risorsa andrà anche all’Inps per cercare di aumentare l’importo delle pensioni minime seppur in modo infinitesimale.
Poi ci sono le spese indifferibili a cominciare da quelle per le missioni internazionali così delicate in questi tempi di guerra.
E c’è la grande attesa per le entrate che garantirà la sanatoria per le partite Iva su cui c’è però grande apprensione al Tesoro. Dalla mitica lotta all’evasione anche il Governo delle sanatorie si attende molto e non sa come andrà a finire.
Giorgetti cerca risorse nei tagli ai ministeri che dovranno contribuire per circa 3 miliardi, ma già ne devono realizzare 1,2 quest’anno e 1,5 il prossimo come da vecchi impegni (però vale la pena di ricordare che la spesa pubblica ordinaria è di circa mille miliardi l’anno).
E cerca anche un contribuito dalle banche che già si stanno attrezzando.
Se tutto questo andrà in porto il vero valore della manovra sarà quello non scritto dello spread basso. Che comunque significa fiducia.
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