Il Festival di Sanremo, i cantanti, i lustrini, ma c’è anche spazio per una riflessione quasi dolce-amara. Sono solo alcuni degli ingredienti della terza stagione di “Vita da Carlo“, che è stato presentato all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma. Super protagonista è Carlo Verdone stesso che co-dirige la serie con Valerio Vestoso. La terza stagione, disponibile da sabato 16 novembre su Paramount+, parte da Carlo Verdone a cui viene proposta la direzione artistica del Festival da Sanremo.
Attorno al tema principale si intrecciano numerose vicende che coinvolgono familiari, amici, parenti e collaboratori di Verdone, in un racconto che alterna ironia a momenti di riflessione. “Ho cercato di mettere molto di me stesso: – ha affermato Verdone – come mi muovo, come agisco con gli altri. Mi sono completamente dimenticato della macchina da presa. La particolarità di questa stagione è che le altre vicende, mia moglie, i miei figli, vivono di vita propria. Ci sono tante risate, grazie agli attori che abbiamo scelto. Credo che rispetto alle altre stagioni, questa abbia uno scatto in più. Non è facile, soprattutto dopo averne fatte due. Ema Stokholma è stata una scoperta, è bravissima e una persona deliziosa. Lei è una dinamite, sciolta. Maccio Capatonda ha dato il suo tocco surreale. Abbiamo fatto del nostro meglio e ora sto già pensando alla prossima; poi farò un film”.
In seguito ha raccontato com’è nata l’idea di Sanremo: “È venuta agli autori. Era la cosa più lontana da me, non lo farei neanche se mi morissi di fame. Loro hanno capito che, essendo una cosa che mi metteva in difficoltà, avrei reso al massimo. Nella realtà non me l’hanno mai chiesto, solo una volta mi hanno proposto la co-conduzione ma ho declinato l’invito perché non fa per me, non è il mio lavoro”. In passato, però, Verdone ha partecipato alla giuria del Festival: “Ma alla fine ha sempre vinto chi non volevamo vincesse. Forse ‘sta giuria di qualità… non lo so (e ride, ndr)”.
Vestoso ha affermato: “La confidenza tra me e Carlo ci ha permesso di divertirci ancora di più. Il tema di Sanremo avevamo paura che diventasse un bignami visivo, invece devo dire che ci ha permesso di realizzare una serie ricca. I personaggi minori sono stati fondamentali”.
“REALIZZARE I CAST PRIMA DEI FILM È UNA CA**ATA” – A margine dell’incontro stampa una lunga riflessione di Verdone sia sul far ridere oggi sia sulla nuova generazione di attori italiani: “Oggi è molto più difficile far ridere per il politicamente corretto e per un clima più cinico del pubblico… La società non è felice, è piena di mille problemi. Bisogna stare anche attenti a quello che si scrive. Però siamo sempre là: alcune cose sono sacrosante, altre sfiorano il ridicolo. Ogni tanto avevamo delle soluzioni divertenti ma poi arrivava l’alt degli sceneggiatori. Nuova idea e poi alt di nuovo, altrimenti si offendeva qualcuno. Abbiamo perso molti pomeriggi, non sapevamo uscire da alcune situazioni. Oggi abbiamo tante commedie ma non riescono a portare un flusso di gente come si deve. Forse il pubblico ha bisogno di un altro spessore insieme alla risata?”.
Quindi l’esempio di Paola Cortellesi: “Lei ha realizzato un film curioso (C’è ancora domani, ndr), in un momento giusto, ha fatto sposare le due cose: riflessione e divertimento. E poi un gruppo di attori molto bravi, quello dimostra che forse insieme alla risata ci vuole qualcos’altro. In generale penso che ci vorrebbe più coraggio da parte dei produttori e più sforzo a parte dei registi e degli sceneggiatori. Noi gli attori buoni li abbiamo. Facendo i provini ci siamo resi conto che ci sono attori 20enni straordinari, tutti bravi. Alla fine dei provini non sapevano chi prendere. Questo mi fa ben sperare per il futuro. C’è un bel ricambio. C’è una generazione veramente sulla quale prestare attenzione, dobbiamo dare loro una chance. Non è vero che i nomi grossi portano al cinema. Ci vuole il film. Poi, se trovi un attore che funziona fin da giovane, di quello si parlerà. Tutta questa idea di realizzare prima i cast e poi il film per me è una cazzata”.
“VERDONE HA SEMPRE VALORIZZATO LE DONNE” – “Bisognerebbe prendere esempio da Carlo Verdone – ha affermato Ema Stokholma – che ha sempre valorizzato le donne che hanno lavorato con lui, in modo del tutto naturale. La donna co-conduttrice può comunque avere un ruolo, l’importante è che l’uomo che c’è accanto la sappia valorizzare per quello che sa fare e non per il suo aspetto”. Poi, a FQMagazine, ha aggiunto: “Per me inizialmente significava ansia. Avevo tanta agitazione, specialmente le prime volte. Ma lui ha questa capacità di trasmettere benessere. È stato un grande, ogni volta che arrivavo sul set c’era un clima di gioia”.
Dal set alla vita reale, Ema Stokholma, infatti, è impegnata con Carlo Conti, il nuovo direttore artistico e presentare del Festival di Sanremo 2025: “Carlo l’ho visto ieri per la giuria di Sanremo Giovani. A me piace lavorare in radio e con la musica, mi piace quella veste lì. Per quanto riguarda la co-conduzione del Festival, alla fine io l’ho fatto con Carlo Verdone per cui sono a posto così. Sull’Ariston c’era scritto ‘Carlo Verdone e Ema Stokholma’”.
MACCIO CAPATONDA: “IL MIO PADRE COMICO” – Capatonda, che nella serie interpreta se stesso in una versione “molto borderline”, ha dichiarato: “Da sempre sono un fan di Verdone, è stato il più importante padre comico per me. Quando ho ricevuto la sua chiamata mi sono sentito onorato. Ho costruito la mia carriera per poter recitare accanto a lui, che è il migliore attore italiano. Anche se spesso la commedia non è il bacino in cui si scelgono i migliori attori e questo secondo me non è giusto. Mi ha aiutato a crescere, soprattutto nel modo in cui reagisce alle battute, come ascolta e come sta nel momento, nella scena”.
Verdone ha parlato della difficoltà di far ridere oggi e Maccio Capatonda ha aggiunto: “Oggi siamo molto nella direzione del politicamente corretto e quindi è difficile discostarsi da questo mondo non essendo tacciati di sessismo o di altro. Io penso che se riesci a essere te stesso, riesci a far ridere pur essendo scorretto. La scorrettezza è l’anima della comicità, che comunque si può fare in tanti modi. Da un lato il pubblico diventa sempre più cinico e si aspetta questo. Dall’altro, però, il politicamente corretto ci impedisce di andare su quegli argomenti. La linea si è affinata, è vero, ma è anche bello così”.