Ricordate quando l'isteria era usata per ostacolare, imprigionare o patologizzare la condizione femminile? Il marchio da cui le donne non si sono mai liberate fino in fondo e che ha investito ora anche l'iraniana Ahou Daryaei, la studentessa di Letteratura francese dell’università Azad di Teheran che è stata vista camminare seminuda per la strada. Un atto di protesta contro la repressione della Repubblica islamica.
La polizia morale l'ha arrestata e sostiene che abbia un disturbo psichiatrico.
L'ha rinchiusa in un ospedale.
La storia di Daryei
Ahou Daryaei si è spogliata in segno di protesta: un gesto estremo di disperazione e ribellione. Non si tratta di una manifestazione di un problema mentale, ma di una donna privata della sua umanità. Il video che la ritrae è diventato virale: a dare nell'occhio è il suo abbigliamento ritenuto non idoneo; non indossava l'Hijab. Le immagini, immortalate da una finestra dell'Università, sono state postate sui social facendo il giro del web. Ma la viralità guadagnata dal video non ha sortito l'effetto sperato e la studentessa sarebbe stata internata.
Storie di questo tipo sono già sentite, soprattutto in Iran. Nel 2022 Mahsa Jina Amini, donna iraniana di 22 anni, fu arrestata sempre a Teheran dalla cosiddetta "polizia morale" mentre era in compagnia della sua famiglia. Il motivo del suo fermo è stato, come nel caso di Daryaei, il presunto mancato rispetto delle norme sul velo islamico imposte dal codice di abbigliamento iraniano. Dopo l'arresto, la giovane fu trasferita in un centro di detenzione, dove è stata dichiarata morta dopo essere entrata in coma. Le circostanze della sua morte risultarono da subito controverse: mentre la sua famiglia e i sostenitori pensavano che Mahsa fosse stata picchiata durante la detenzione, le autorità iraniane attribuivano la causa della morte a problemi di salute preesistenti.
La tragica morte di Mahsa Amini ha scatenato un'ondata di manifestazioni in Iran, inizialmente nate come richiesta di giustizia e rispetto dei diritti umani. Poi sono diventate una critica più ampia contro il regime iraniano e le sue leggi oppressive, soprattutto quelle riguardanti le libertà delle donne. Lo slogan "Donna, vita, libertà" è diventato simbolo di un movimento pacifico che ha ottenuto sostegno internazionale e solidarietà da parte di celebrità e attivisti in tutto il mondo, ma soffocato con una repressione violenta del governo.
Le dichiarazioni degli attivisti
«Quello di Ahou Daryaei, studentessa di Letteratura francese all'università Azad di Teheran, rappresenta solo l'ultimo esempio - e uno tra i più virali - della protesta portata avanti da ragazze e donne iraniane contro una discriminazione sistemica che impatta profondamente sulla loro vita», dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Noury esprime grande preoccupazione per le notizie che riportano un pestaggio subito da Ahou Daryaei al momento dell’arresto, oltre al timore che sia stata destinata a uno dei cosiddetti "corsi di rieducazione". Definisce questi "corsi" come "luoghi di tortura," in riferimento a quanto avvenne anche a Mahsa Jina Amini.
Prosegue poi Noury, evidenziando come le autorità iraniane abbiano già iniziato a diffondere la "narrazione ufficiale", descrivendo la giovane come «una ragazza con problemi di salute mentale, allontanata dall'aula per aver scattato foto e video e poi ricoverata in un ospedale psichiatrico per cure». Questa versione, rilanciata da alcuni media, omette però, secondo Noury, quanto sia accaduto al di fuori dell'aula. «A questo», aggiunge, «hanno sopperito attiviste e organizzazioni per i diritti umani, sollevando profonde preoccupazioni per il destino della ragazza». L'isteria, insomma, ha poco a che fare con gli avvenimenti in Iran. Freud per curarla aveva utilizzato l'interpretazione dei sogni. Delle azioni di Ahou Daryaei, invece, da capire c'è ben poco, i sogni di libertà non hanno bisogno di interpretazioni.