Meloni inchioda Elkann: "Calpesta il Parlamento"

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Dura reazione della premier a no di Mr Stellantis: "Ignora i fondamentali della nostra Repubblica"

 "Calpesta il Parlamento"

Dunque, niente audizione davanti alle Commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato. Un rifiuto, quello del presidente di Stellantis, John Elkann, stigmatizzato dal premier Giorgia Meloni: «Avrei evitato questa mancanza di rispetto per il Parlamento». A nulla, a questo punto, è servita la telefonata dello stesso Elkann al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, per ribadire «l’apertura al dialogo con tutte le istituzioni» e dare nuove rassicurazioni sull’impegno industriale di Stellantis verso il Paese. Quella del premier è una replica durissima che raffredda ulteriormente i rapporti del governo con Stellantis e i suoi vertici.

«John Elkann non ha detto solo di no - attacca Giorgia Meloni, ospite di Porta a Porta - perché aspetto il tavolo del governo. Temo che a Elkann sfuggano i fondamentali della Repubblica italiana. Noi abbiamo fatto diversi tavoli con Stellantis, ma non hanno portato agli accordi di sviluppo. Quando il governo mette dei soldi, sono soldi degli italiani, che si possono spendere se questi ultimi ne traggono beneficio. Il 70% delle risorse per gli incentivi sono servite a comprare auto non prodotte in Italia, anche questa e una riflessione da fare, fermo restando che dovrebbe andare ad ascoltare quello che il Parlamento ha da chiedergli». Risposta, questa, alla precisazione di Elkann al presidente della Camera: «In questi decenni gli stipendi, gli oneri fiscali e previdenziali versati, la bilancia commerciale, gli investimenti fatti e le competenze che abbiamo formato, hanno superato di gran lunga i contributi ricevuti in Italia. E lo rivendichiamo con orgoglio visto che Stellantis, dalla nascita nel 2021, ha investito 2 miliardi l’anno. E con quello in corso siamo a 6 miliardi».

L’intervento del premier Meloni è seguito al reiterato invito, questa volta per lettera, a presentarsi all’audizione in Parlamento. A scrivere il presidente della Commissione Attività produttive, Alberto Luigi Gusmeroli (Lega), dopo che Elkann aveva spiegato il suo no, visto che a informare della situazione e dei piani di Stellantis era già stato, l’11 ottobre, l’ad Carlos Tavares, peraltro bersaglio di critiche da parte dei deputati in aula. Una giustificazione, quella di Elkann, che ha irritato non poco il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e considerata come un modo per non esporsi in prima persona, vista la situazione generale di difficoltà del gruppo automobilistico.

«Tavares è pro tempore, Elkann è invece presidente e azionista di Stellantis: una differenza sostanziale», il punto di vista di Gusmeroli, il quale ha sottolineato, nella lettera al presidente di Stellantis, la necessità «di un dialogo franco e rispettoso» con l’istituzione. Frase resa ancora più incisiva ieri sera dal premier Meloni.

In sintesi, il Parlamento intende conoscere nel concreto quale piano ha Stellantis, in merito soprattutto alla continuità produttiva e al mantenimento dei posti di lavoro in Italia. «E il raggiungimento di questi obiettivi - scrive Gusmeroli - non può prescindere da una continuativa e sinergica interlocuzione tra impresa e istituzioni pubbliche, improntata al benessere di tutta la collettività». Il commento di Matteo Gelmetti, senatore di Fratelli d’Italia: «La reticenza con la quale Elkann si rifiuta di essere audito in Parlamento ci fa sorgere il legittimo dubbio che abbia paura a parlare». Il ministro Urso ha intanto convocato il tavolo Stellantis il prossimo 14 novembre. Con l’azienda, ci saranno i sindacati, i rappresentanti delle Regioni che ospitano gli stabilimenti e l’Anfia (filiera italiana).

Oggi, infine, Stellantis comunicherà i dati del terzo trimestre per i quali le stime del mercato sono negative.

Sul settore incombe lo spettro dei casi Audi (stop alla produzione del Suv elettrico in Belgio) e Volkswagen (tre impianti tedeschi in bilico) con tutte le ricadute sugli occupati. Per Volkswagen, tra l’altro, terzo trimestre da dimenticare: l’utile netto è crollato del 63,7 per cento.

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