Meloni striglia la Cgil: "Quando i governi aiutavano le banche nessuno scioperava"

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"Con noi storico cambiamento". Ma dopo il vertice i sindacati confermano: serrata il 29

 "Quando i governi aiutavano le banche nessuno scioperava"

I sindacati confermano lo sciopero generale per il prossimo 29 novembre contro la manovra dopo sei ore di confronto con il governo a Palazzo Chigi. Si sfila la Cisl con il segretario generale Luigi Sbarra che ammette: «Molte delle nostre rivendicazioni sono state accolte». Landini (Cgil) e Bombardieri (Uil) la buttano in politica e si presentano dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni con due regalini: una calcolatrice e un libro di Camus dal titolo L'uomo in rivolta.

Il governo mette sul piatto varie misure: conferma del taglio del cuneo fiscale, rivalutazione delle pensioni, deduzione per il costo del lavoro e 4,4 miliardi per il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione. Dodici le sigle sindacali presenti alla riunione presieduta dalla premier Giorgia Meloni, la quale, a causa delle lunghezza dell'incontro, ha dovuto rinunciare alla trasferta a Bologna per il comizio del centrodestra in vista delle elezioni regionali. Nutrita anche la delegazione dei ministri (Schillaci, Urso, Calderone) guidata dal titolare dell'Economia Giancarlo Giorgetti.

La Cgil però resta in assetto di rivolta sociale: «Non ci sono stati passi avanti nel dialogo tra governo e sindacati sulla manovra. Non si sono potuti fare passi avanti il governo ha riconfermato che la manovra è quella presentata in Parlamento. I margini sono quelli, gli spazi di modifica sono limitati. Se si condivide l'impianto bisogna stare dentro quella logica. Noi confermiamo il giudizio di una pessima legge di bilancio che non affronta e non dà un futuro al Paese. È assolutamente riconfermata la ragione dello sciopero generale del 29 e la necessità di invertire questa tendenza non più accettabile» annuncia Maurizio Landini. Meloni replica a muso duro: «Il ministro Giorgetti sarà più puntuale di me, ma io ci tengo a dire che la solidità, la credibilità e il coraggio di questo governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio. È un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale». Ma soprattutto Meloni indica la linea che orienta la politica economica dell'esecutivo: abbiamo concentrato «le risorse su alcune priorità fondamentali» tenendo «i conti in ordine e concentrandoci su una prospettiva di crescita» pur «nel contesto internazionale tutt'altro che facile». «Un cambio di passo rispetto all'approccio che troppe volte abbiamo visto in passato, quando si è preferito adottare misure più utili a raccogliere consenso nell'immediato che a gettare le basi per una crescita duratura, scaricando il costo di quelle misure su chi sarebbe venuto dopo. Come noi, che raccogliamo la grave eredità di debiti che gravano come un macigno sui conti pubblici».

Nel concreto Meloni mette sul tavolo le misure: «Rendiamo strutturale il taglio del cuneo contributivo e ne ampliamo i benefici ai circa 1,3 milioni di lavoratori con redditi tra 35 a 40mila euro annui» spiega il capo dell'esecutivo. E poi resta confermato l'esonero contributivo per le mamme lavoratrici dipendenti con almeno due figli. Ed estendiamo questa misura anche alle lavoratrici autonome.

Sulle pensioni Meloni conferma: «Anche nel 2025 e nel 2026, come nei due anni precedenti, le pensioni minime saranno rivalutate oltre il livello di inflazione indicato dall'Istat». E poi infine, 4,4 miliardi per il rinnovo dei contratti pubblici.

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