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di Andrea Romano | 25 Ottobre 2024
Un ragazzo esce da un minivan bianco con andatura incerta. Ha uno zainetto stretto fra le dita della mano sinistra e una mascherina chirurgica che gli copre naso e bocca. È il 25 agosto 2021 e il Covid ha ripreso a fare pura. Eppure quel giorno così apparentemente uguale a tutti gli altri diventerà presto un punto di svolta per un club intero. È in quel pomeriggio, infatti, che Parma e il Parma accolgono Ange Yoan Bonny, un ragazzone di 17 anni alto quasi un metro e novanta. Di lui si sa poco. Anzi, non si sa proprio niente. Solo che gioca come attaccante e che è considerato uno dei migliori prospetti del calcio francese. A volerlo portare in gialloblù è stato l’allora responsabile dell’area tecnica, Javier Ribalta.
Classe 1980, il dirigente nato a Barcellona ha già un curriculum vitae decisamente pingue. Ha lavorato come osservatore prima al Torino e poi al Milan. Dopo è diventato capo scout al Novara, in Serie A, e successivamente della Juventus e del Manchester United. Almeno fino a quando non ha deciso di lasciare tutto e assumere l’incarico di direttore sportivo allo Zenit San Pietroburgo. Chi lo conosce bene dice che non ha paura di prendere decisioni impopolari. E che sa a memoria i nomi dei giovani calciatori più interessanti del Vecchio Continente. Ribalta segue Bonny già da un po’. L’attaccante è nato a Aubervilliers, una città di 75mila abitanti alle porte di Parigi, gemellata con Jena ed Empoli, ma i primi calci a un pallone li tira fra Perigny, Chambray e Tours. Poi a 16 anni si trasferisce trecento chilometri più a sud, allo Chateauroux B, in Ligue 2.
Una manciata di partite è sufficiente per capire che si tratta di un giocatore dal futuro luminoso. Così nell’estate del 2021 Ribalta decide di affondare il colpo. Non acquista Bonny. Lo ingaggia a parametro zero. Poi lo consegna a mister Enzo Maresca. È un piccolo capolavoro a cui nessuno dà importanza. All’inizio i tifosi sono scettici. Ma con il passare dei mesi diventano sarcastici. Il regno del manager spagnolo a Parma dura un solo anno. Così, nelle pieghe dei forum, i supporter iniziano a domandarsi il senso dell’ingaggio dell’attaccante francese. La risposta arriva due anni più tardi. Nella scorsa stagione Bonny è stato un ingranaggio importante per far funzionare i meccanismi offensivi del Parma. Perché Ange Yoan non è il classico goleador che trascina la squadra, ma quello che la fa girare alla perfezione.
Nella sua prima stagione in Serie B ha messo a referto 5 reti e 10 assist. Un bottino che rischiava di infeltrirsi e ritirarsi in quella centrifuga che è la Serie A. In verità il primo ballo di Bonny nella massima categoria è stato più impattante del previsto. Dopo essere stato a lungo in dubbio, nella prima giornata il francese è stato determinante nel pareggio contro la Fiorentina. L’attaccante ha ripulito una serie infinita di palloni rendendoli giocabili per i compagni di squadra. Ed è stato decisivo nel servire a Man l’assist del momentaneo vantaggio in un’azione con cui il Parma è passato dalla sua porta a quella della Fiorentina in appena sei tocchi. A fine partita Bonny è stato votato man of the match. Alla sua prima apparizione in Serie A.
Più che nel gol, il calcio del francese sembra però trovare la sua espressione più alta nella costruzione della rete. Bonny sa ricevere il pallone spalle alla porta, lo sa coprire per aprirsi lo spazio necessario per poi innescare i tagli verso il centro dei due trequartisti esterni. Ma sa anche attaccare la porta in verticale, districarsi fra gli avversari per calciare in porta cercando il palo lontano come col Napoli o la puntata che brucia sul tempo i difensori avversari come con l’Udinese. Il suo ultimo gol, il gioiello segnato di tacco contro il Como, ha fatto il giro del mondo ma rischia di non rendere giustizia al talento del francese. Perché la perfezione di un gesto estemporaneo non può racchiudere tutto il lavoro sporco, tutta la fatica, tutti i corridoi aperti per i compagni, tutti i duelli fisici ingaggiati, tutte le sponde che riempiono le partite di Bonny. Ora in molti hanno iniziato a cucire sulla schiena dall’attaccante del Parma l’etichetta di nuovo Lukaku. Un paragone importante, che può trasformarsi in un macigno da caricarsi sulle spalle ma anche in un limite. Perché a 21 anni Bonny sembra poter diventare uno dei pochi “unicorni” rimasti nel calcio italiano.
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