La vittoria del catalano Ton Cortés alla Coppa del Mondo del dolce natalizio per eccellenza, tenutasi giorni fa a Milano, non deve essere vista come una “appropriazione culturale” ma come un segno di ammirazione. Il made in Italy alimentare ha talmente successo che non ne abbiamo più l’esclusiva. E poi non dovremo più lamentarci quando andremo in giro per il mondo
Ricapitoliamo: la carbonara è americana, la migliore pizzeria è newyorkese e anche il panettone non se la passa molto bene. Perché il migliore di un forno di Barcellona. E il bello è che in tutti questi casi siamo stati noi italiani a decidere il verdetto, in un esercizio di grande fair play (o forse di tafazzismo). Ricapitoliamo: dopo che il professore di storia dell’alimentazione Alberto Grandi ha qualche mese fa raccontato che la ricetta della pasta più celebre del made in Italy è nata negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e ce ne siamo reimpossessati nei decenni successivi trasformandola nel tote identitario che è ora; dopo che l’italianissima guida 50 Top Pizza ha pochi mesi fa deciso che la pizzeria migliore del mondo è Una Pizza Napoletana a Brooklyn, che supera due pizzerie campane; ora perdiamo anche il primato del dolce natalizio per eccellenza.
Qualche giorno fa a Milano si è svolta la quarta edizione della Coppa del Mondo del Panettone, che ha visto sfidarsi maestri pasticceri provenienti da tutto il mondo. Ebbene, per la prima volta nella storia al primo posto della competizione per il migliore panettone tradizionale si è piazzato un pasticciere straniero, Ton Cortés di Suca’l a Barcellona. Che comprendendo di averla fatta gorssa ha così commentato il suo trionfo: "Siamo tutti sotto shock, è incredibile. Durante la gara, abbiamo ricevuto delle ottime opinioni sul panettone, quindi avevamo delle ottime sensazioni, ma non abbastanza da credere che fosse possibile". L’Italia si è rifatta con il secondo e terzo posto (rispettivamente Pasquale Pesce e Maurizio Sarioli) e con un podio tutto nazionale nella categoria del panettone al cioccolato, che ha visto la vittoria di Pasquale Iannelli di Casa Mastroianni a Lamezia Terme e dietro di lui Pasquale Marigliano e Armando Pascarella.
Ora, niente paura. La Coppa del Mondo di panettone, malgrado il nome decisamente solenne e malgrado una giuria di eccellenza composta tra l’altro dalla star della pasticceria Iginio Massari e da altri colleghi di alto livello da ogni angolo del mondo, è solo uno dei tanti concorsi che mettono in competizione le varie interpretazioni del dolce natalizio milanese. Nelle prossime settimane arriveranno classifiche e tornei di ogni genere, che rimetteranno la chiesa al centro del villaggio (anche perché di solito non considerano le produzioni straniere). E in ogni caso il fatto che sempre più spesso gli stranieri si rivelano migliori di noi a realizzare i nostri piatti identitari ha anche sottotesti interessanti. Intanto vuol dire che siamo ammirati e imitati, e questo è motivo di orgoglio. Poi vuol dire che presto perderemo uno delle nostre maggiori ragioni di fastidio quando saremo all’estero, non potere accedere a versioni accettabili della nostra cucina (ma accontentarsi di mangiare quello che fanno bene altrove no?). E in ogni caso dell’attenzione degli spagnoli per il nostro panettone ce n’eravamo accorti l’anno scorso all’aeroporto di Barcellona: erano i primi di dicembre e nella food hall dello scalo avevamo visto dei panettoni in confezioni gourmet e in vendita a prezzi superiori di quelli più blasonati d’Italia e il sospetto che gli spagnoli avessero intenzione di dire la loro su quel dolce ci era apparsa evidente.
E presto la competizione potrebbe allargarsi ulteriormente, se è vero che nella competizione milanese è stato assegnato anche un premio per il migliore panettone extraeuropeo, finito a un giapponese (Yasuda Tazumi per il tradizionale) e a un peruviano (Carlos Strobbe per quello al cioccolato). E così il lievitato milanese nato povero e goffo, è diventato cittadino del mondo.