I risultati dello studio «SatisFace», condotto da UniSR, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano mostrano giovani sempre più fragili, soli e narcisisti
Non si fanno (più?) il selfie narcisistico/esibizionista per far vedere quanto sono fighi. E se la foto non viene come dovrebbe, poco importa. I giovanissimi si preoccupano raramente, o addirittura mai, che il proprio volto si uniformi ad un modello standard, cioè pelle liscia, occhi grandi e naso sottile, percepite dagli algoritmi come ideali e proposte come tali agli utenti nel momento dell'editing. La generazione 2.0, attenta alla valorizzazione culturale delle diversità, non sembra quindi preoccuparsi molto dell'omogeneizzazione estetica del fotoritocco.
Sono i risultati dello studio «SatisFace», condotto da UniSR, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che smitizza l'ossessione da selfie tra i più giovani e ribalta un cliché: altro che isolamento da social, i preadolescenti, gli adolescenti e i giovani adulti usano questi mezzi per fare «community». La fascia d’età indagata è ampia: da 12 ai 30 anni. Dentro c’è quindi anche le nuovissime generazioni Alpha (fino a 14 anni) e Zeta (più di 14). Dallo studio emerge che sono soprattutto queste ultime - cioè preadolescenti e adolescenti - che usano i social per comunicare tra loro: come si dice nel linguaggio 2.0, «seguono» (ricambiati) amici e conoscenti, oltre che influencer e pagine di sportivi, e «sono seguiti» dalla famiglia.
I social
WhatsApp è l'App di messaggistica preferita, utilizzata ormai, sempre di più, come social network. TikTok, YouTube, Instagram e BeReal sono i social media più utilizzati per la fascia di età 11-13, mentre la classifica dei ragazzi più grandi, tra i 14 e i 18 anni, mette al primo posto Instagram, seguito da TikTok, YouTube e BeReal. Tra i 18 e i 30 anni, i social media più popolari sono Instagram, TikTok, YouTube e Facebook, quest'ultimo completamente assente nei gusti dei giovanissimi.
Le foto
Il focus dello studio di UniSR è l'immagine che i giovani hanno di sé nei cosiddetti selfie. Gli autoscatti preferiti dagli adolescenti sono quelli allo specchio, scattati con amici, a un evento e in gruppo, a conferma che le tecnologie digitali sono approcciate dai giovani per creare una comunità e restare in continuo contatto. La classifica cambia nei giovani adulti, che amano immortalarsi, nell'ordine, con il proprio animale domestico, ad un evento, con gli amici e davanti a un panorama o a un monumento. Insomma, per i giovani scattarsi un selfie è un nuovo modo di comunicare, per raccontare «cosa sto facendo, con chi sono e dove sono». Il selfie narcisistico, in cui ci si ritrae da soli e solo per esibizionismo, non risulta prevalente, segno che l'ossessione per la propria immagine è un concetto che non appartiene alle nuove generazioni.
Sempre con riguardo ai selfie, gli autoscatti vengono editati dal 43,7% dei preadolescenti e degli adolescenti che li scattano, percentuale che si alza al 48,8% per i giovani adulti. Andando ad indagare i motivi dell'editing, si vede che quello di evidenziare caratteristiche estetiche, comune ad entrambe le fasce di età, è al secondo posto nei preadolescenti e negli adolescenti, mentre sale in pole position nei giovani adulti, seguito dalla volontà di apparire come si vorrebbe, nascondendo i difetti. La cosiddetta «beautification», come tendenza ad un modello estetico ideale, è assente invece nei giovanissimi, che editano semplicemente perché non piace l'immagine prima di modificarla o solo per abitudine, anche se soddisfatti della foto. Da sottolineare che, tra chi edita (il 43,4% degli adolescenti e preadolescenti e ben il 64,4% dei giovani adulti) si preoccupano raramente, o addirittura mai, che il proprio volto si uniformi al modello standard premiato dagli algoritmi.
Il primo utilizzo
Quanto all'età media del primo utilizzo dei social media, il 29,9% dei giovani adulti intervistati confessa un accesso precoce, con la prima App scaricata prima dei 13 anni, una percentuale che si impenna nei preadolescenti e negli adolescenti: il 70,2% di loro riporta di aver iniziato ad utilizzare i social prima dei 13 anni.
Genitori (troppo) social
Se i ragazzi percepiscono di essere trascurati dai genitori, intenti ad interagire con lo smartphone piuttosto che con loro, peggiorano tutta la sfera psicologica, aumentano i sintomi internalizzanti e l'ansia da aspetto, crescono le interazioni online, la tendenza a ricorrere ai social come strumento di autoregolazione emotiva e aumenta il tempo trascorso online in generale e la preferenza per TikTok.
Dallo studio emerge, inoltre, che nel cosiddetto «phubbing genitoriale» (combinazione anglofona di phone» e «snubbing»), o meglio nella percezione del giovane di essere ignorato dal genitore a causa della sua interazione con lo smartphone, la scuola - e in particolare il rapporto con i docenti - viene percepita come una comfort zone.