Mondo
di F. Q. | 18 Novembre 2024
Negli stessi minuti in cui arrivava la risposta ufficiale positiva del governo libanese al piano Usa di cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele, un raid israeliano ha attaccato il cuore della capitale, nei pressi del Parlamento, dell’Onu, dell’ufficio del primo ministro e di diverse ambasciate. Due missili hanno così colpito il quartiere residenziale di Zoqaq al-Blat, provocando la morte di almeno quattro persone. Ma la risposta di Hezbollah è arrivata dopo un paio d’ore: a Tel Aviv e in Israele sono risuonate le sirene, dopo che un missile dal Libano è stato intercettato. Cinque persone sono rimaste ferite tra cui una donna in modo grave, e un incendio è scoppiato nella zona di Ramat Gan.
L’inviato speciale di Biden Amos Hochstein, che sembrava aver rinviato la sua visita in Libano, dovrebbe intanto arrivare nella capitale nelle prossime ore, stando alle indiscrezioni ottenute da Lebnews. E mentre un’intesa sul fronte nord sembra avvicinarsi, i riflettori restano puntati su Gaza e la sorte degli ostaggi. Con il premier Benyamin Netanyahu che, parlando alla Knesset, ha ribadito che presto decine di ostaggi potrebbero tornare a casa. Tuttavia, secondo fonti ai media, il primo ministro israeliano avrebbe detto, in un colloquio confidenziale, che 50 rapiti sono ancora vivi mentre gli altri 50 sarebbero morti. Secondo fonti di Axios il direttore dello Shin Bet, Ronen Bar, è stato in Turchia sabato, dove ha incontrato l’omologo Ibrahim Kalin proprio per discutere dei negoziati sugli ostaggi e sul cessate il fuoco nella Striscia. Proprio nel Paese di Erdogan si sarebbero trasferiti diversi alti funzionari di Hamas che vivevano in Qatar, tra cui – secondo fonti israeliane – il capo negoziatore Khalil al Hayya. Funzionari del ministero degli Esteri di Ankara hanno tuttavia smentito lo spostamento dei membri dell’ufficio politico del gruppo islamista dopo che Washington ha chiesto ai qatarini di espellerli.
Tornando a Hezbollah, fonti di Axios hanno riferito che la sua risposta nei colloqui per la tregua è stata un “sì”, ma ancora interlocutorio: i negoziati quindi proseguono per chiudere i punti rimasti in sospeso. Hezbollah avrebbe rifiutato la partecipazione di Germania e Regno Unito al comitato di monitoraggio sull’attuazione dell’accordo, mentre accetterebbe il coinvolgimento franco-americano. Il quotidiano al Jumhoriya, contrario alle posizioni dell’organizzazione filoiraniana, ha rivelato maggiori dettagli sulla proposta americana: un ritiro reciproco di Hezbollah oltre il fiume Litani e dell’Idf dai villaggi libanesi, il ritorno degli sfollati di entrambe le parti e un significativo rafforzamento delle forze Unifil e dell’esercito libanese. Secondo il libanese Nadaa al Watan, dovrebbe essere poi istituito un comitato internazionale con la partecipazione di Usa, Francia, Gran Bretagna e un Paese arabo di cui non sono ancora state definite le competenze. A Washington, il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller ha confermato che sono stati “compiuti progressi nell’accordo sulla tregua”.
Nel frattempo dagli Usa è arrivata la notizia che un avvocato che rappresenta le famiglie delle vittime americane dell’attacco del 7 ottobre ha intentato causa presso una corte federale degli Stati Uniti contro l’Iran, Hamas, Hezbollah, la Jihad islamica palestinese e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Alla corte è stata presentata una nuova prova del coinvolgimento della repubblica islamica nell’attacco: documenti segreti dimostrano come i pasdaran iraniani abbiano trasferito milioni a Hamas. Secondo il New York Times, la quota mensile di 7 milioni di dollari era stata richiesta per prepararsi all’attacco del 7 ottobre. Sul fronte degli aiuti a Gaza l’agenzia Onu per i palestinesi, l’Unrwa, ha fatto sapere che ieri 98 camion su 109 entrati nella Striscia sono stati pesantemente saccheggiati. Hamas ha affermato che 20 saccheggiatori di diverse bande sono stati uccisi dalle forze di sicurezza locali.
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