Code nel traffico, trasporti pubblici, urgenze familiari sono molte e spesso banali le cause dei ritardi sul posto di lavoro. Per risolvere la questione basta avvisare il datore di lavoro, ma da quando una guardia giurata è stata licenziata per un ritardo, rimediare non sembra più così semplice.
Il caso
L'uomo, impegnato in attività di sicurezza presso una banca, ha contestato in tribunale il licenziamento per essersi presentato con 40 minuti di ritardo. Se in primo grado il ricorso era stato accolto, in appello è stato ribaltato e la domanda del lavoratore è stata respinta. La corte d’appello ha infatti affermato che «la precedente decisione non era condivisibile sul piano della mancanza di proporzionalità della sanzione irrogata, rispetto al comportamento della guardia giurata». La Cassazione ha ritenuto che il datore di lavoro avesse «fornito idonea prova della sussistenza di una grave violazione da parte del lavoratore dell’obbligo di diligenza e delle regole di correttezza e buona fede». La corte d’appello ha rilevato che il servizio di vigilanza svolto rendeva inaccettabile la conclusione secondo cui il ritardo fosse di lieve entità. Nell’ordinanza si legge che «la disattenzione del lavoratore, nella lettura della comunicazione delle variazioni di turno, integrava un inadempimento di significativa gravità essendo rimasto l’istituto di credito committente privo del servizio di vigilanza fissa per oltre 40 minuti». Tale circostanza ha esposto la banca a «possibili azioni criminose nell’intervallo di tempo in cui l’attività bancaria era svolta in assenza di un valido presidio di controllo». Inoltre, il giudizio sfavorevole è stato influenzato dai vari precedenti disciplinari del lavoratore, che avevano portato a sanzioni conservative. La corte d’appello ha quindi confermato la legittimità del licenziamento in tronco e senza preavviso, spingendo il lavoratore a ricorrere in Cassazione.
Nel ricorso, il vigilante ha contestato il licenziamento sostenendo che fosse sproporzionato rispetto al ritardo e non conforme al contratto, che non prevede il licenziamento per ritardi di lieve entità. La Cassazione ha confermato, invece, la gravità della negligenza. Per la Suprema Corte, l’assenza di 40 minuti «ha esposto l’istituto di credito ad un significativo danno potenziale». La sentenza conferma che «la sussistenza di una condotta del lavoratore inequivocabilmente negligente», unita all’«inadeguatezza delle giustificazioni rese», alla «scarsa consapevolezza dei rischi correlati ai servizi di vigilanza» e alla presenza di «svariati precedenti disciplinari» sono tutti elementi che giustificano la rottura irreparabile del «nesso fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro».
Cosa cambia?
Per la Cassazione la giusta causa non deve necessariamente rispettare in maniera letterale le previsioni del contratto collettivo. Infatti, «in tema di licenziamento disciplinare, l’elencazione delle cause di recesso contenuta nella contrattazione collettiva non è da ritenersi vincolante», poiché «potendo il catalogo delle ipotesi di giusta causa e di giustificato motivo essere esteso, in relazione a condotte comunque rispondenti al modello di giusta causa o giustificato motivo». Il giudice, quindi, deve «valutare in concreto la condotta addebitata e la proporzionalità della sanzione». Questa sentenza rappresenta un avvertimento per i lavoratori nel settore della vigilanza bancaria e chiarisce che anche ritardi apparentemente lievi, se dovuti a gravi negligenze, possono costituire giusta causa di licenziamento.